Visioni

Le vite dei polacchi viste da un balcone

Le vite dei polacchi viste da un balconeScena da «The Balcony Movie» di Pawel Lozinski

Locarno 74 Nella sezione della Semaine de la Critique «The Balcony Movie» di Pawel Lozinski

Pubblicato più di 3 anni faEdizione del 8 agosto 2021

È cominciato come un esperimento, è diventato un film potente. Presentato a Locarno 74 nella sezione Semaine de la critique, The Balcony Movie del regista polacco Pawel Lozinski è una di quelle pellicole che si potrebbero guardare e riguardare perché in ogni scena c’è un pezzo di vita, quella vera che qui si svela prima grazie all’idea del regista, poi in virtù della sua capacità di entrare in empatia con i soggetti filmati.
Per due anni e mezzo e 165 ore di girato, montate in 100 minuti, Lozinski ha piazzato se stesso, la sua cinepresa e una lunghissima asta con il microfono sul proprio balcone e si è messo ad aspettare, osservare e chiedere ai passanti, con gentilezza, se volevano comparire nel suo film e dire chi sono, come vedono il futuro o raccontare la propria storia. Il balcone sta al primo piano e si affaccia su un marciapiede alberato. L’inquadratura è sempre stretta su quel tratto di stradina pedonale e in pochissimi casi si allarga sulla strada o sulle case di fronte. Siamo a Varsavia e non si può dire che potremmo essere in qualunque altra città del mondo perché il modo con cui le persone rispondono alle sollecitazioni di Lozinski dice molto di come in un luogo e in una società si è abituati a parlarsi, guardarsi, ascoltarsi.
In The Balcony Movie si scopre che quasi sempre ciò che sembra è diverso da ciò che è. È come se l’essere filmati dall’alto in basso, interrogati da uno sconosciuto togliesse ogni filtro mettendo ognuno nell’agio di sentirsi ascoltato davvero. Quasi nessuno mostra una facciata, tutti si aprono. La domanda che colpisce di più i passanti è «Vorrei chiederle che cosa pensa del senso della vita». Una giovane donna risponde «C’è poco da dire. La mia vita è un disastro».

MOLTI ALTRI dicono «Ci sto ancora pensando», «Vorrei saperlo», «È una delusione. Niente di ciò che sognavo si è realizzato», «Sono vecchia, più che alla via ormai penso alla morte. Però più che parlarne, bisognerebbe farla la vita». Fra gli incontri che più colpiscono c’è quello di una giovane donna incredula che prima dice «Ma vuole sapere queste cose proprio da me?». Quando il regista le chiede come si chiama, dopo un lungo silenzio risponde «Questa è una domanda molto difficile. Devo mettere ordine nelle mie confusioni». Sono pochi minuti che aprono squarci di ipotesi su quell’esistenza: quanto è stata vista e riconosciuta come essere umano quella donna?

DIGNITOSO e struggente è l’anziano che racconta che il suo compagno è morto da poco. Si amavano da 40 anni e a chi gli chiedeva che rapporto avessero rispondeva «È’ mio fratello», e qui ci si capisce quanto possa essere dura la vita in Polonia per un omosessuale. C’è l’uomo male in arnese, appena uscito dal carcere e che vuole rifarsi una vita. Ogni tanto torna sotto il balcone per raccontare al regista i suoi progressi, le sue speranze che però si spezzano sulle sue mani diventate dure come sassi, su una vita sì onesta, adesso, ma povera e sola. C’è la ragazza bella ed elegantissima laureata in architettura che fa la influencer perché è drogata di moda, la portinaia che spazza foglie, neve e tosa l’erba e che vive la vedovanza come una liberazione perché il marito era un alcolizzato, l’anziana che rimpiange di non essere stata più gentile con il consorte morto da 13 anni, la donna felice di raccontare chi è e cosa fa e che quando ha una figlia la presenta a Lozinski come fosse una star, l’uomo che sembra tutto d’un pezzo ma poi confessa che gli manca avere una famiglia e dei figli «Perché così la mia vita avrebbe un senso», la giovane che non si separa mai dalla bibbia e dialoga senza animosità con il regista che si dichiara agnostico, un’altra che dice «Noi siamo una particella insignificante nell’universo».

IL PROPRIETARIO di un cane che si innamora di Lola, la cagna del regista, e le abbaia da basso come fosse Romeo che corteggia Giulietta, le due bambine felici di vivere con il padre che fa anche da madre perché la madre vive all’estero, e che dicono «Quando un genitore è così bravo non ne servono due». A volte non serve girare il mondo per capire com’è il mondo. A volta basta guardarlo dal proprio balcone. La differenza sta tutta in come ci stai seduto, su quel balcone.

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