Municipio di Baruta, quartiere La Limonera, stato di Miranda. Nell’enclave di case popolari costruite dal governo in questa zona ricca, roccaforte dell’opposizione, si piange la morte dell’operaio José Luis Ponce. I familiari ricevono le condoglianze delle autorità, rispondono composti alle domande dei giornalisti: José, 45 anni, è stato ucciso per aver cercato di difendere un Centro di salute integrato (Cdi) dalle devastazioni, per aver cercato di proteggere la vita dei medici cubani che ci lavorano. Uomini armati in moto lo hanno crivellato di colpi. Nello stesso contesto è stata colpita alla schiena anche una donna, Rosiris Reyes, militante, come José, del Partito socialista unito del Venezuela (Psuv). Ponce, un carpentiere di origine colombiana, era un chavista della prima ora, attivo nel Consiglio comunale e nella Mision Vivienda (Missione Casa).
[do action=”quote” autore=”Il ministro per la Comunicazione Ernesto Villegas rendendo omaggio a una delle vittime delle violenze seguite alle presidenziali del 14 aprile”]«La borghesia trova insopportabile che gli operai come José possano vivere nei quartieri agiati»[/do]
«La borghesia trova insopportabile che gli operai come José possano vivere nei quartieri agiati», ha detto il ministro per la Comunicazione Ernesto Villegas rendendo omaggio alle vittime delle violenze seguite alle presidenziali del 14 aprile: 7 morti, 61 feriti e 135 arresti per istigazione all’odio, ribellione civile e associazione a delinquere. La crisi è scoppiata subito dopo il voto. Il candidato della destra, Henrique Capriles Radonski, battuto per poco da Nicolas Maduro (48,95 % contro 50,78%), ha denunciato brogli ai danni della Mesa de la Unidad democratica (Mud), e ha dichiarato che non riconoscerà i risultati finché i voti non saranno ricontati uno per uno. Poi ha invitato i suoi a passare all’azione.
Tremila osservatori internazionali hanno al contrario certificato la correttezza del voto e l’affidabilità del sistema elettorale, uno dei migliori al mondo secondo l’ex presidente Usa Jimmy Carter, direttore dell’omonimo Centro. Ieri, anche l’Organizzazione degli Stati americani (Osa) ha espresso il suo appoggio al presidente Maduro, che domani assumerà l’incarico davanti all’Assemblea nazionale. Delegazioni “di alto livello” in rappresentanza di 15 paesi hanno salutato la sua elezione. Ieri anche la Spagna, dopo iniziali dichiarazioni che avevano provocato le proteste di Caracas, ha espresso il suo appoggio al nuovo eletto, seguita da Portogallo e Francia.
Ma la tensione resta alta. Le frange estreme della Mud hanno attaccato i militanti chavisti, bruciato le sedi del Psuv, assediato quelle del Cne. Nei quartieri di opposizione sono continuati i cacerolazos notturni. Ieri, abbiamo captato un discorso tra una lavoratrice domestica esasperata e una portiera: «Ma questi non dormono mai?», ha chiesto la prima, e l’altra ha risposto: «Ma no, è tutto registrato».
Gli scontri tra opposte fazioni – dispersi con gas lacrimogeni dalla Guardia nazionale – sono invece reali. E visibili sono i segni dei proiettili sparati nella notte contro auto e edifici. Le affermazioni su twitter di un noto giornalista, secondo il quale i medici cubani nascondono le prove dei brogli nei centri medici di quartiere, hanno scatenato un’ondata di aggressioni che non si arresta. Sono stati devastati spazi sociali e reti di alimenti a basso prezzo come Mercal e Pdval. Giornalisti della rete pubblica e media comunitari denunciano aggressioni e minacce alle loro famiglie.
Il governo accusa Capriles di essere il mandante morale delle violenze, e di aver preordinato un piano destabilizzante insieme agli Usa, come quello del 2002. Il 26 marzo, tre deputati di opposizione avevano ritirato l’appoggio a Capriles, denunciando un piano della Mud per disconoscere i risultati elettorali e provocare violenze.
Secondo alcune fonti, Capriles e Leopoldo Lopez – altro deputato di destra, in prima fila nel golpe contro Chávez 11 anni fa – avrebbero già mandato all’estero le loro famiglie, prevedendo uno scenario di guerra civile. Il ministro degli Esteri, Elias Jaua ha annunciato che presenterà una denuncia all’Onu e all’Osa per le violenze «fasciste e xenofobe» avvenute su mandato di Lopez. Quest’ultimo, su twitter ha detto che lui e Capriles temono di essere arrestati.
Capriles aveva chiamato i suoi a manifestare ieri sotto il Cne, ma il governo ha proibito la dimostrazione e il leader Mud ha rinunciato all’idea. Ha però invitato i suoi a portare «le prove dei brogli» in tutte le sedi del Cne. Ma né il governo né il Cne hanno chiuso la porta ai ricorsi previsti dalla legge. Il riscontro manuale del 54% dei voti che indicano una tendenza irreversibile è però già stato fatto, senza che fossero riscontrate anomalie.
In una seduta parlamentare, i deputati di opposizione hanno comunque ribadito che non riconoscono il presidente eletto. Diosdato Cabello, presidente dell’Assemblea, ha ribattuto che allora il governo non può riconoscere le loro cariche istituzionali, e ha rifiutato di dargli la parola. Sono volate parole grosse e anche microfoni, uno dei quali ha ferito un esponente della Mud.
«Farò un governo di strada per rafforzare il socialismo – ha dichiarato Maduro -, nei prossimi giorni convocherò un Consiglio federale di governo per inviare risorse direttamente al popolo senza passare per i governatori di opposizione».