Le violenze di Roma e il lungo silenzio del governo
Antifascismo Nel corso dello sgombero del circolo di CasaPound a Casal Bertone a Roma sono avvenuti gravissimi incidenti: sei agenti feriti, di cui uno grave. Ovvia la piena solidarietà agli agenti […]
Antifascismo Nel corso dello sgombero del circolo di CasaPound a Casal Bertone a Roma sono avvenuti gravissimi incidenti: sei agenti feriti, di cui uno grave. Ovvia la piena solidarietà agli agenti […]
Nel corso dello sgombero del circolo di CasaPound a Casal Bertone a Roma sono avvenuti gravissimi incidenti: sei agenti feriti, di cui uno grave. Ovvia la piena solidarietà agli agenti e il convinto sostegno all’azione del sindaco di Roma.
I militanti di CasaPound, a conoscenza dell’operazione (come mai?), hanno accolto le forze dell’ordine mascherati, coperti da caschi, armati di bastoni e/o spranghe, lanciando bombe carta e petardi, presente il fascista Luca Marsella, già consigliere municipale, che si è scagliato contro il sindaco, i centri sociali e i migranti, giustificando e legittimando la risposta paramilitare al sequestro dell’immobile. Tutto ciò ripropone drammaticamente due questioni: l’urgenza dello sgombero della sede nazionale di CasaPound, occupata da 31 dicembre 2003 e su cui registriamo un ritardo a dir poco scandaloso; lo scioglimento immediato delle organizzazioni neofasciste.
Il 14 dicembre scorso una delegazione Anpi, Acli, Libera, Cisl, Cgil, Arci, a nome di un più largo schieramento di forze sociali e politiche, si è incontrata col capo gabinetto della Presidenza del Consiglio e del ministero dell’Interno, chiedendo la messa fuori legge delle organizzazioni neofasciste in base al comma 2 dell’art. 3 della legge Scelba del 1952, che recita: “Nei casi straordinari di necessità e di urgenza, il Governo, sempre che ricorra taluna delle ipotesi previste nell’art.1, adotta il provvedimento di scioglimento e di confisca dei beni mediante decreto-legge”. La richiesta, da anni avanzata, era specificamente motivata dall’assalto neofascista del 9 ottobre 2021 alla sede nazionale della Cgil.
Ci è stato risposto che non c’erano le condizioni politiche per procedere allo scioglimento, che tale scioglimento sarebbe avvenuto dopo una eventuale sentenza della magistratura come disposto dal primo comma dell’art. 3 della legge Scelba. Allo stato delle cose: campa cavallo. Abbiamo chiesto quale sia stato l’esito dell’istruttoria promossa dal governo con un gruppo di giuristi e accademici in merito allo scioglimento e annunciata sui giornali il 12 ottobre.
Ci è stato risposto di non essere a conoscenza della questione. Si è convenuto di rivedersi rapidamente, ma le vicende legate all’elezione del Presidente della Repubblica hanno di fatto rinviato questo appuntamento.
Dopo la parata apologetica del fascismo avvenuta il 7 gennaio 2022 in occasione dell’anniversario dei tragici fatti di Acca Larenzia, un gruppo di parlamentari ha chiesto al governo in un’interrogazione del 10 gennaio “lo scioglimento di tutti i movimenti politici di chiara ispirazione fascista ai sensi delle leggi attuative della XII disposizione transitoria e finale della Costituzione”.
Le violenze di Casal Bertone rinnovano i “casi straordinari di necessità e di urgenza” – dice la legge Scelba – “sempre che ricorra taluna delle ipotesi previste nell’art.1”. L’incipit dell’art. 1 recita: “Si ha riorganizzazione del disciolto partito fascista quando una associazione o un movimento persegue finalità antidemocratiche proprie del partito fascista, esaltando, minacciando o usando la violenza quale metodo di lotta politica”. Aggiungo che la legge Scelba non afferma “può adottare il provvedimento di scioglimento”, bensì “adotta il provvedimento di scioglimento”, conferendo a questa opzione – mi pare – un carattere cogente. La flebile obiezione è che tale comma non è mai stato messo in pratica. Come se l’elusione sia una virtù.
In sostanza violenza ed apologia sono le costanti trasversali dei movimenti neofascisti, da Forza Nuova a Casa Pound. Non basta sciogliere i nuovi squadristi. Occorre intervenire per ricostruire i legami sociali, rilegittimare le istituzioni, ricostruire la fiducia in un sistema politico che mostra la corda, contrastare radicalmente le diseguaglianze. Ma tutto ciò non può essere un alibi per l’immobilismo davanti alla crescente cultura e pratica della violenza. È ora di mettere concretamente a valore la radice antifascista della Costituzione. Il rischio, come scrive Saramago, è essere “ciechi che vedono, Ciechi che, pur vedendo, non vedono”.
L’autore è presidente nazionale Anpi
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