Politica

Le trivellazioni petrolifere causa della morte dei capodogli

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E alla fine sembrano che c’entrino proprio le trivellazioni. Sarebbero stati infatti uccisi da un’embolia i capodogli che l’altro ieri si sono arenati a Vasto (Ch) tra i fondali sabbiosi […]

Pubblicato circa 10 anni faEdizione del 14 settembre 2014
Serena GiannicoVASTO (Chieti)

E alla fine sembrano che c’entrino proprio le trivellazioni. Sarebbero stati infatti uccisi da un’embolia i capodogli che l’altro ieri si sono arenati a Vasto (Ch) tra i fondali sabbiosi della spiaggia di Punta Penna. Sette i cetacei che sono finiti a riva: tre sono morti, mentre quattro sono stati salvati dalle operazioni di soccorso messe in atto dalla Guardia Costiera insieme ad esperti e a decine di volontari. Durante la necroscopia, eseguita ieri, sono state trovate tracce di gas nel sangue dei cetacei che si sarebbero arenati in quanto spaventati dai rumori nel sottosuolo. A condurre gli esami sulle carcasse Sandro Mazzariol dell’università di Padova, coordinatore della task force del ministero dell’Ambiente che si attiva in questi casi, il Cert (Cetaceans emergency response team). «La presenza di gas vuol dire che quanto accaduto – spiega Vincenzo Olivieri, presidente del Centro studi cetacei Onlus – può essere messo in correlazione con le attività di ricerca petrolifera. Tecniche come l’air-gun producono un rumore fortissimo che spaventa e disorienta i capodogli. Questo trauma porta i cetacei a una riemersione troppo rapida, la cui conseguenza è la permanenza di gas nei vasi sanguigni. Il meccanismo è simile a ciò che accade ai sub colpiti da embolia in seguito a una mancata decompressione».
Per l’assessore regionale alla Protezione civile, Mario Mazzocca, si deve avere «più rispetto del nostro mare perché altrimenti gli elementi naturali si ribellano. Questi cetacei sono andati in pratica a morire in una delle spiagge più belle d’Italia, e c’è un valore simbolico, un messaggio che ci stanno lanciando, ossia che si proceda a una revisione sul problema delle perforazioni, anche attraverso il governo, per impedire di fare dell’Adriatico un distretto minerario». Il petrolio, quindi, sotto accusa: associazioni ambientaliste ed esperti avevano già individuato – ed ora è più che un’ipotesi – che la causa dello spiaggiamento degli animali fosse da trovare nelle ricerche condotte in mare. E già era scattata l’indignazione in una regione, l’Abruzzo, che con la sua popolazione, si sta battendo in ogni maniera, con proteste e ricorsi giudiziari e amministrativi, per evitare che nascano nuovi pozzi e nuove piattaforme davanti alle sue coste, come è in progetto. Intanto una scoperta che lascia ancora più perplessi: uno dei tre esemplari morti era una femmina incinta.

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