Cultura

Le sue mappe di senso tra ragione e passione

Le sue mappe di senso tra ragione e passione

Remo Bodei Addio al filosofo cagliaritano, morto a 81 anni, e ai suoi «cristalli di storicità». Dallo studio del flauto traverso l’idea che la musica esprima al meglio l’antagonismo di idee e sentimento. La sua prassi filosofica, mai algida, intelligentemente ricostruttiva, evita di recidere i nessi col senso comune

Pubblicato quasi 5 anni faEdizione del 9 novembre 2019

Piacevano a Remo Bodei – uno dei filosofi italiani più creativi e dagli interessi più vasti – le immagini eloquenti, quelle in cui un’intera catena argomentativa trova un’evidenza scintillante. Dalle sue sterminate letture selezionava le immagini più fortunate, ne creava e ricreava a ogni pagina per rendere limpida e perspicua la sua prosa esemplare. Non si trattava di un mero artificio retorico, ma del carattere più personale del suo progetto filosofico.
Come indicano i titoli di alcune delle sue opere maggiori – Geometria delle passioni, Ordo amoris, Logiche del delirio, Destini personali, La civetta e la talpa – l’esperienza umana gli appariva attraversata da una tensione mai del tutto componibile tra elementi «freddi» (logici, astratti) ed elementi «caldi», marcati dalle emozioni. E come le passioni non sono riducibili a meri fattori di accecamento della ragione, così gli pareva riduttivo concentrare nel cognitivo tutta le risorse della coscienza: «Nulla impedisce di pensare le “passioni” (emozioni, sentimenti, desideri) quali stati che non si aggiungono dall’esterno a un grado zero della coscienza per intorbidarla e confonderla, ma che sono costitutivi della tonalità di qualsiasi essere psichico e persino di ogni orientamento cognitivo».

LE PASSIONI gli apparivano dunque come «l’ombra della ragione», come un costrutto di senso già rivestito di una propria intelligenza e cultura, frutto di elaborazioni millenarie; la ragione si rivela a sua volta «appassionata», complice di quelle passioni che dice di combattere. Ragioni e passioni obbediscono infatti a logiche complementari («né con te, né senza di te»), legate da una solidarietà antagonistica. Come ricomprenderle insieme? Dalla personale esperienza di allievo del conservatorio (aveva studiato il flauto traverso), Bodei aveva tratto l’idea che la musica sia il terreno dove meglio si esprime questa comprensione paradossale. Il tessuto metaforico del linguaggio ne costituisce una possibilità ulteriore. Ma è l’intero compito della filosofia ad esserne investito. E non solo perché nella rete immaginativa si trovano depositate idee, sentimenti e condotte del passato – una sorta di filosofia implicita nel linguaggio – ma anche perché, quando l’immagine è felice, tiene insieme l’incomponibile, cicatrizza il frammentario.
La particolare storiografia filosofica di Remo Bodei non mira pertanto a ricostruire agonistiche catene di opinioni – una «galleria di ritratti», una «collana di perle» – e tanto meno a reperire leggi permanenti ed eterne, ma a ricostruire dei «cristalli di storicità», le formazioni concettuali in cui eventi e idee si sono sedimentati.

NON PER SEMPRE. Come nella deriva dei continenti, le formazioni concettuali e simboliche sono infatti sottoposte a movimenti impercettibili ma continui, a fratture, spostamenti e distorsioni. È compito della filosofia ridisegnare le mappe di senso mentali ed emotive capaci – a fronte dei continui mutamenti di assetto delle idee e dei valori – di ri-orientare gli individui verso la ragionevolezza e la «vita buona».
Bodei insomma – quando ricostruisce le forme del bello o la filosofia del Novecento – non si mette in viaggio alla ricerca di mere idee altrui, e neppure si limita come i ragni a secernere autarchicamente le proprie.
Si autorappresenta semmai come un’ape baconiana, che elabora e insaporisce il polline raccolto con pazienza da mille fiori. I suoi fiori sono teorie filosofiche e autori – Hegel e Spinoza soprattutto, ma anche Platone, Agostino, Locke, Simmel, Pirandello… – riletti con acume filologico e libertà interpretativa; e sono storie puntuali, della grande e della più piccola storia.
Ci sono sempre delle pepite d’oro nelle sue pagine – casi di vita, citazioni, dati insoliti, sintesi fulminanti – che restituiscono il gran piacere della ricerca, il senso dell’avventura del pensiero.
Un’idea e una pratica della filosofia non algida e meramente ricostruttiva, ma che si assume il compito etico di comprendere il senso dei fenomeni anche più strani e anomali (il delirio, il déja-vu), oppure più comuni, come la nostra relazione con le cose, in un libro magistrale (Il mondo delle cose) in cui i grandi magazzini, le nature morte olandesi del Seicento o il solaio di casa spalancano una sorprendente ricchezza filosofica.
Ma è soprattutto al tema del condizionamento delle coscienze che risponde il compito etico della filosofia di Bodei. A partire dal Moderno e dal progressivo venir meno della fede nell’anima immortale, che pareva dare all’io un fondamento stabile, il singolo si trova «immerso nella sabbia del tempo» e contrae le sue aspettative alla sola fragile esistenza fisica. L’individualità deve ormai costruirsi mediante gli strumenti artificiali della politica e della scienza. Destini personali. L’età della colonizzazione delle coscienze ripercorre queste vicende fino alla fase politica di incubazione dei fascismi e al fiorire di progetti di potenziamento o negazione della vita, senza esimersi dall’orientare il lettore verso l’assunzione di un altro tipo di identità personale, capace di raggiungere le altre culture e un orizzonte planetario, anche rinunciando al carattere «universale» e assoluto dei valori occidentali.

UNA FILOSOFIA, soprattutto, che si assume il compito di non recidere i legami col senso comune, con la «filosofia dei non filosofi», di non respingere alcun lettore, alcun uditore. «Tutti assimiliamo, inevitabilmente e senza saperlo, molteplici idee filosofiche che restano opache fino a quando non si interrogano sul loro significato». Compito del filosofo non è solo elaborare nella maniera più articolata e chiara il proprio pensiero, ma «insegnare ai non filosofi il rifiuto di concezioni supinamente accolte».
Non stupisce che proprio Remo Bodei sia stato protagonista della costruzione e dello slancio del festivalfilosofia di Modena Carpi Sassuolo. Un luogo speciale, dove la filosofia ha riacquistato la natura di laboratorio concettuale in cui sperimentare le migliori risposte ai problemi che coinvolgono persone e società. E che dedicherà l’edizione 2020 proprio al suo ultimo libro: Destino e sottomissione. Schiavi, animali, macchine, Intelligenza Artificiale.

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