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Le studentesse rapite in Nigeria sarebbero ancora vive

Le studentesse rapite in Nigeria sarebbero ancora viveManifestazione contro Boko Haram in Nigeria – Lapresse

Nigeria In video invitano a trattare con Boko Haram. Dubbi sull’autenticità del filmato

Pubblicato più di 8 anni faEdizione del 15 aprile 2016

Due anni dopo la loro scomparsa, le studentesse di Chibok sarebbero apparentemente ancora vive.

È quanto vorrebbe dimostrare Boko Haram con un filmato ottenuto e pubblicato dalla Cnn.

Il video mostra 15 ragazze in hijab nero sostenere (in Hausa, una delle principali lingue della Nigeria e in Kibaku, parlato a Chibok) il proprio nome, la scuola di provenienza, di essere trattate bene ma di voler tornare a casa dai propri famigliari.

E si conclude con l’appello di una di loro, Naomi Zakaria, al governo nigeriano di collaborare con Boko Haram per il loro rilascio. La registrazione risalirebbe al natale scorso, come affermato da una delle ragazze e dai dati raccolti al riguardo: «È il 25 dicembre 2015, parlo a nome di tutte le ragazze di Chibok, stiamo bene».
Un portavoce della Cnn ha reso noto di aver ottenuto il video da una fonte «vicina alle trattative» dopo che Boko Haram l’aveva inviato ai negoziatori come prova che le studentesse erano ancora vive.

A confermare che si tratta delle ragazze protagoniste del sequestro di massa del 2014 sono state tre madri: Rifkatu Ayuba e Mary Ishaya hanno riconosciuto infatti le loro figlie, Sarah e Hawwa, mentre una terza, Yana Galang, ha identificato cinque delle adolescenti scomparse.

Se da un lato il video ha sollevato le speranze delle famiglie ormai esasperate e della stessa comunità di Chibok, dall’altro le autorità nigeriane si dimostrano caute e sollevano dubbi sull’autenticità del filmato che potrebbe essere stato girato ancora prima del dicembre dell’anno scorso, visto che le ragazze – ha sostenuto il ministro dell’informazione e della cultura Lai Mohammed – non mostrano nell’aspetto nessun cambiamento rispetto a due anni fa.

Si tratta del primo video dopo quello diffuso a maggio 2014 – un mese dopo il sequestro – con cui Abubakar Shekau, il leader di Boko Haram, proponeva la liberazione delle adolescenti in cambio del rilascio di alcuni prigionieri.

In quel filmato circa un centinaio di ragazze sedute per terra in un luogo non identificato, cantavano e pregavano Allah.
Ieri, secondo anniversario del rapimento, in centinaia hanno marciato per le vie della capitale nigeriana, Abuja, e in altre città per chiedere al governo di intensificare gli sforzi per liberare le ragazze. A Lagos, la capitale economica della Nigeria, veglie di preghiera si sono tenute già mercoledì sera.

Il 14 aprile 2014 276 studentesse furono rapite da Boko Haram dalla Government Girls Secondary School di Chibok. Di queste 57 riuscirono in seguito a fuggire, mentre 219 sono ancora disperse nonostante una campagna di mobilitazione mondiale con gli appelli di personalità come Angelina Jolie, Michelle Obama e Graça Machel – la vedova di Nelson Mandela – e in rete, con #BringBackOurGirls, della comunità civile.

E nonostante l’attivazione di una task force militare che ha visto riversarsi in Nigeria, nella foresta Sambisa, l’intelligence di mezzo mondo (Stati uniti, Gran Bretagna e Francia, Cina e Israele) a dare manforte alle forze di polizia locali e dell’esercito governativo.

A gennaio scorso il presidente nigeriano Muhammadu Buhari, a seguito delle pressioni delle famiglie delle ragazze e del movimento BringBackOurGirls (Bbog), ha annunciato nuove indagini dopo che già a dicembre dello scorso anno si era detto disponibile ad aprire trattative con «una leadership credibile» di Boko Haram per negoziare il rilascio delle studentesse.

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