Le storie dei Beatles, quasi opera. Con brio
In scena Il lavoro di Giorgio Gallione con Neri Marcorè e la Banda Osiris sarà al teatro Olimpico di Roma dal 1 al 13 aprile
In scena Il lavoro di Giorgio Gallione con Neri Marcorè e la Banda Osiris sarà al teatro Olimpico di Roma dal 1 al 13 aprile
Un tempo lontanissimo, quando il demiurgo Zoo creò gli animali per l’Imperatore, conigli e scarafaggi erano più o meno simili. Poi, per rimediare all’errore, ai conigli vennero allungate le orecchie e consigliata una dieta vegetariana, gli scarafaggi vennero forniti di antenne e luoghi igienicamente scorretti. Come la plumbea Liverpool, Inghilterra. Si gioca così, su un equivoco surreale che sarebbe piaciuto a John Lennon, l’inizio di Beatles Submarine. Ennesimo anello di una catena teatrale lunghissima nel mondo, anglosassone e no: troppo forti le potenzialità e le storie dentro le storie raccolte nel canzoniere popular più scintillante ed esotico del «secolo breve», quando il rock era giovane, non pastura di ottuagenari.
Il teatro ha sempre molto amato i Beatles, dunque. E continua a frequentare i «campi di fragole» dove «il cielo è di marmellata» con diversi, alterni esiti. Mettere assieme La Banda Osiris e Neri Marcorè per viaggiare a bordo del Sottomarino Giallo attraverso tutte le possibili declinazioni di senso (e non senso) dei Fab Four è un’idea che è venuta a Giorgio Gallione, regista e autore del testo. Il tutto per il «suo» Teatro dell’Archivolto di Genova, che a dispetto di una crisi di liquidità a dir poco preoccupante, per i palcoscenici della Lanterna, continua a produrre spettacoli di valore. Beatles Submarine è andato in scena in prima lunedì 3 marzo al Teatro Modena di Genova, mentre il tour italiano vero e proprio dopo la tappa bolognese lo scorso 6 marzo, passerà da Roma all’Olimpico tra il 1 ed il 13 aprile, si concluderà gli ultimi giorni dello stesso mese facendo tappa al teatro Comunale di Carpi. L’attitudine surreale ed imprendibile della Banda Osiris è ben nota: la panoplia degli strumenti, invece di zavorrare le esibizioni, diventa strumento di leggerezza e di mascheramento, teatro puro, dunque, in cui parecchio si ride, e molto ci si meraviglia; bene ha visto Gallione ad immaginarsi un testo in cui ottoni e chitarre, mandolini e batterie, flauti e tromboni diventano parte pulsante e cangiante del mondo al di là dello specchio dei personaggi beatlesiani, come quello di Lewis Carroll.
Neri Marcorè, chitarra acustica tra le braccia, diventa una sorta di quinto Beatles – Virgilio, un folletto fuori misura che riprende il filo disperso dei racconti, per guarire da quella brutta malattia dell’età adulta che è smettere di credere alle storie impossibili. E qui la Banda diventa un esilarante gruppo da funerale con tanto di Hey Jude in minore, una macchina per scrivere, un ensemble di cuochi alle prese con le «uova strapazzate» dei testi che Paul McCartney infilò a stipare la linea melodica di Yesterday, appena composta, per non dimenticarsela.
In mezzo scorre anche una «favola a rovescio», con tanto di Cappuccetto Nero, nella livida Liverpool dei dropouts e degli spacciatori, contrappeso necessario a troppa dolcezza. Alle spalle dei cinque in scena i disegni coloratissimi di Danila Dal Cin, montati in video da Francesco Frongia, marcano le tappe del viaggio in un altro mondo possibile. E plasmabile come il pongo, in musica e parole: come non è più stato, dopo i magnifici Beatles.
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