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Le storie degli ultimi, scrivere e filmare secondo Edith Bruck

Le storie degli ultimi, scrivere e filmare  secondo Edith BruckEdith Bruck

Tv Fuori Orario Rai3 dedica le notti di venerdì 8 e domenica 10 dicembre alle regie dell’autrice e alle collaborazioni con la tv. Nella prima puntata "Improvviso" (1978) e "Un altare per la madre" (1987)

Pubblicato 10 mesi faEdizione del 7 dicembre 2023

Il primo libro di Edith Bruck, uscito nel 1959, è un’autobiografia, Chi ti ama così, in cui la scrittrice e poeta di origini ungheresi ripercorre l’infanzia in riva al Tibisco fino alla Germania dei lager: Auschwitz, Dachau, Bergen Belsen. Lei era una bambina nel 1944, figlia di una famiglia ebrea ungherese, povera e numerosa, prima viene rinchiusa nel ghetto e poi deportata.

SOPRAVVIVERÀ e negli anni successivi approderà in Italia, prima a Napoli, riuscendo nel tempo a dare voce a quella sofferenza, alla violenza, al dolore, alla memoria del «pane perduto» che sua madre preparava nel villaggio prima che li portassero via. Compagna del poeta e regista Nelo Risi, il quale dal libro di racconti di Bruck, Andremo in città, pubblicato nel 1962, trasse l’omonimo film di cui diceva: «Un modo pacificato di parlare dei disastri della guerra sentiti attraverso lo schermo della favola». Ma non è la storia dell’autrice di Nuda proprietà o di Ti lascio dormire ad essere al centro dell’omaggio che Fuori Orario le dedica su Rai 3 venerdì e domenica notte. Piuttosto è un’esplorazione del suo universo di regista, forse più appartato rispetto alla letteratura – con la quale è comunque in un rapporto di scambio fertile – ma non meno incisivo delle parole nel mettere a fuoco le storie del mondo e le condizioni umane. Col titolo Edith Bruck/Nelo Risi – Scrittori prestati al cinema (e alla tv), la puntata di venerdì è aperta, all’1 e 40, da una conversazione con Bruck – a cura di Fulvio Baglivi – che ha anche collaborato con la Rai, è stata autrice di programmi e di reportage, concentrando la sua attenzione sugli «ultimi», quelle figure cioè messe ai margini, rese invisibili dalla società. L’appuntamento propone due sue regie: Improvviso – Prima e seconda parte (1978), di cui firma anche la sceneggiatura, e Un altare per la madre (1987), ispirato al lavoro di un altro scrittore, Ferdinando Camon, che con questo romanzo, scritto pensando alla propria madre, nel 1978 aveva vinto il Premio Strega, e che partecipò alla sceneggiatura (della stessa Bruck con Piero Murgia). Nel cast del film, girato nei dintorni di Pordenone, a Castel D’Aviano, troviamo insieme a Franco Nero anche Angela Winkler, attrice di teatro e di cinema, che è stata fra i volti iconici di quella cultura tedesca delle nuove onde, della politica e della consapevolezza, legata anch’essa all’Italia come Margarethe Von Trotta – per cui aveva interpretato Lucida follia.

«LA FIGURA MATERNA, il rimpianto che la circonda, è una figura della civiltà contadina, che è eterna ed universale» diceva in una intervista dell’epoca Bruck. La storia è quella di uno scrittore, che torna al suo paese di origine per il funerale della madre. E lì ritrova le memorie di infanzia, la guerra, la povertà di quegli anni, su cui la figura materna si eleva forte, coraggiosa, taciturna e allegra, sempre vitale. L’altare sarà laddove la madre salvò la vita di un uomo durante il conflitto.
Improvviso, presentato alla Mostra del cinema di Venezia nel 1979 – direzione di Carlo Lizzani, nelle Officine veneziane di Enzo Ungari – è il primo film di Bruck. A ispirarlo è un fatto di cronaca dell’epoca, che si riflette nel personaggio del protagonista, un ragazzo cresciuto in provincia con la madre e la zia, timido, chiuso, senza molti amici, la cui sola passione è il violoncello che è un po’ la sua fuga dalla realtà. La madre e la zia cercano di proteggerlo, lui non sa nulla della sua vicenda famigliare – il rifiuto del padre perché la famiglia non accettava la mamma – e lo scopre nel viaggio a Roma, ospite da alcuni parenti, per un esame di musica. E all’improvviso commette un gesto violento, un femminicidio contro una ragazza sconosciuta che aveva provato a toccare nell’esaltazione per gli applausi alla sua musica, scatenando una sua reazione molto ostile. Presentandolo a Venezia, Bruck aveva raccontato che molti adolescenti si erano riconosciuti nel personaggio di Michele e nelle sue paure, in quel disperato e violento bisogno di autoaffermarsi. Un film lucido, doloroso, – e con sensibilità contemporanea – in cui l’autrice realizza la trama che tornerà in seguito nei suoi lavori, quell’intreccio di passioni, dissidi, perdite, mutamenti improvvisi – quell’essere ultimi, dimenticati dalla storia.

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