Le statue, la schiavitù e Penny Lane
L'impaziente inglese Durante il primo anno di università, a Liverpool, vivevo nelle residenze studentesche e mi capitava spesso di scendere alla fermata di Smithdown Road per poi prendere Penny Lane per andare […]
L'impaziente inglese Durante il primo anno di università, a Liverpool, vivevo nelle residenze studentesche e mi capitava spesso di scendere alla fermata di Smithdown Road per poi prendere Penny Lane per andare […]
Durante il primo anno di università, a Liverpool, vivevo nelle residenze studentesche e mi capitava spesso di scendere alla fermata di Smithdown Road per poi prendere Penny Lane per andare a casa. «Penny Lane is in my heart and in my mind!» cantavano i Beatles. Da un paesino piccolissimo eccomi nella città della musica, del calcio, un misto multiculturale fra immigrati provenienti dalla Jamaica all’’rlanda. Ma anche una città costruita in gran parte con i soldi provenienti dal commercio di schiavi come evidenziano i nomi di alcune vie come Tarleton Street, Manestys Lane, Clarence Street, Rodney Street e Exchange Flags. Nel 2007 in occasione del bicentenario dell’abolizione della schiavitù, Barbara Mace, consigliere della città, voleva rinominare le vie, finché qualcuno notò che Penny Lane prendeva il nome da James Penny, un mercante di schiavi. Togliendo questo nome si sarebbe perso un sito molto popolare, soprattutto per i turisti, e si sarebbe infangato il ricordo di una canzone bellissima della band dei quattro santi patroni della città. Nel Regno (non più ora così) Unito la rivoluzione industriale era in parte alimentata dalla tratta degli schiavi. Le navi salpavano dai porti britannici, raccoglievano poi la loro merce umana dalle coste africane, portandola nelle colonie e tornavano poi con il cotone destinato ai cotonifici del Nord del paese. La ricchezza accumulata veniva spesa nella costruzione di enormi case nei centri delle nuove città industriali, o per fondare ospedali e musei, gallerie d’arte e opere pubbliche. I manifestanti del movimento Black Lives Matter di Bristol hanno gettato nella baia la statua di Edward Colston. Colston era un membro del consiglio della Royal African Company responsabile del trasporto di 212,000 schiavi di cui più di 20,000 morirono durante il viaggio. La compagnia marchiava il suo nome sulla pelle degli schiavi. La statua fu eretta solo nel 1890 più di 100 anni dopo la morte di Colston. Le critiche iniziarono già nel 1920 e per anni ci sono stati tentativi di rimuoverla. Noi ora stiamo vivendo un grande momento, un’occasione per ripensare, rivalutare la nostra storia e il nostro passato. Colston era un uomo d’affari che fece una fortuna in parte letteralmente sulla pelle di altri esseri umani. Non era il solo. Thomas Guy che ha dato il suo nome ad un famoso ospedale di Londra, la Regina Anne, i Re William III, James II e Carlo II hanno tutti avuto azioni e investito nel mercato umano. Questo significa che dobbiamo perdere anche Penny Lane? Fortunatamente no. Perché non c’è nessuna prova che Penny Lane sia stata nominata per onorare James Penny. Sembra che il suo nome preceda la vita dello schiavista. Quindi, possiamo tranquillamente aggiungere una targa che ne riconosca la fama dovuta alla canzone dei Beatles.
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