Visioni

Le sfide di natalità e vecchiaia servite su una Tovaglia a quadri

Le sfide di natalità e vecchiaia servite su una Tovaglia a quadri«Gravidansia» – foto di Giovanni Santi

Teatro In scena ad Anghiari, tra le ottime portate toscane, «Gravidansia». Effetti comici e struggenti canti tradizionali, le paure della malattia

Pubblicato circa un anno faEdizione del 19 agosto 2023
Gianfranco CapittaANGHIARI (Ar)

Puntuale, da 28 anni, arriva attorno a ferragosto, a scaldare l’occhio e il cuore (e ancor più concretamente la gola) della Toscana ai confini con l’Umbria, Tovaglia a quadri. Uno spettacolo davvero irresistibile, che da tanto tempo, ma ogni volta nuovissimo, Andrea Merendelli (anche regista) e Paolo Pennacchini servono a un pubblico seduto a tavola, cui vien fatto degustare un menu di specialità toscane, in particolare di questo spicchio occidentale della regione, che da qualche tempo ha preso sede presso il Castello di Sorci.

UNO SPETTACOLO ogni anno diverso e originale, ma sempre col medesimo effetto trionfale di intelligenza e di gola sui commensali/spettatori che riescono a guadagnarsi il biglietto. Perché lo spettacolo era già andato esaurito prima dell’inizio delle rappresentazioni, e stasera, ultima replica, lo dovrebbero ammirare anche molto lontano: salvo il pericolo di avversità climatiche oltreoceano, è previsto infatti un collegamento televisivo in diretta con la costa argentina del Rio de la Plata, dove risiede una consistente comunità di emigrati anghiaresi.
Ma basta essere spettatori (locali innanzitutto, ma molti anche convenuti appositamente dal resto d’Italia) per rimanere incantati, e anche un po’ turbati, dalla rappresentazione, tra inarginabili effetti comici e struggenti canti tradizionali, da sempre arrangiati e distribuiti tra le varie voci ad opera di Mario Guiducci, che attinge al più genuino patrimonio locale della Toscana contadina. E si rimane ogni volta affascinati, da quelle voci come dalla ricchezza di verità e sfumature che quei canti suscitano.

QUEST’ANNO poi il tema, come suggerisce subito il titolo Gravidansia, è particolarmente delicato: la crisi della natalità e i «ripari» che la medicina pubblica vorrebbe approntare. In un paese come il nostro per altro, che conta una prevalenza di «vecchi», e a cui fanno il solletico (e più spesso orrore) i rimedi che vorrebbero opporgli il governo Meloni e la ministra Roccella. Per non parlare del ministro/cognato Lollobrigida pubblicamente impegnato a scongiurare la «sostituzione etnica»…

La visione di un «istituto» le cui pretese scientifiche e terapeutiche si intrecciano con un patrimonio popolare che è fortissimo e radicato nel tempo, e nei costumi di vita che da questo scaturiscono, apre un meccanismo spettacolare che a tratti si fa davvero irresistibile. La forza delle tradizioni antropologiche e culturali fa muro contro innovazioni e timori che faticano a dar risultati di maggior benessere. Anzi, proprio quella memoria storica spesso si rivela soluzione onorevole nello slalom tra burocrazia, buone intenzioni e magari promesse elettorali. Anche nella civilissima Toscana dove perfino il buon governo fatica a tenere botta alle chiacchiere di tanti che promettono soluzioni.
La «magia» di Tovaglia a quadri sta proprio nel mettere alla prova del buon senso e dell’esperienza millenaria di chi la terra ha lavorato da sempre (traendone sopravvivenza se non benessere), rispetto alle chiacchiere e alle scorciatoie di chi promette facili miglioramenti e soluzioni in nome della «modernità».
La scarsa natalità può costituire un problema per le tradizioni contadine (come dichiarato fin dal bello quanto duro gioco di parole del titolo Gravidansia), quando i nomi dei figli dei contadini andavano in ordine numerico, da Primo o Primetta, fino a Settimio: ma davanti alle chiacchiere della cultura politica oggi prevalente, fino ai vertici del governo, concretezza e buon senso possono costruire un argine.

IN QUESTO SENSO è davvero straordinario come si snodi la drammaturgia della serata, che prende fiato tra le succulente portate di cucina di tradizione che si alternano al racconto, impastando il buon senso e il buon gusto, senza alcun pericolo di rimpianto passatista. Ogni spettatore/convitato non può rifugiarsi in facili nostalgie o scorciatoie civili. I «vecchietti» affacciati alle finestre di quell’istituto sulla scena, come le diverse generazioni che sgattaiolano tra le tavolate, hanno una tale lucidità da obbligare i commensali alla speranza, alla possibilità di cambiamenti e di valori che restano patrimonio di ogni cittadino. La tradizione è memoria viva, ma da applicare al presente, e alle sue esigenze improrogabili, sfatando furberie e facili illusioni.
Non sembri spropositato il rapporto: Tovaglia a quadri lo sa, e ce ne fa partecipi, aiutando noi spettatori. Prendendoci per la gola, ma anche e soprattutto con l’intelligenza e il buon senso.

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