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Le sardine hanno bisogno di un governo che svolti a sinistra

Le sardine hanno bisogno di un governo che svolti a sinistraManifestazione delle "Sardine" contro la visita di Matteo Salvini a Modena – LaPresse

Contro le destre La sinistra perché possa non solo sopravvivere, ma crescere, occorre che questo governo duri fino alla fine della legislatura. Le urgenze sono tante, offuscate da polemiche che richiamano alla memoria i peggiori aspetti della Prima Repubblica

Pubblicato quasi 5 anni faEdizione del 21 novembre 2019

Non complichiamo le cose semplici. O meglio, semplifichiamo quelle apparentemente complicate, senza distorcerle od occultarle. Anche il messaggio delle Sardine è chiaro: non consegniamo il paese a una destra guidata da Matteo Salvini, mettendo a repentaglio i valori umani fondamentali su cui si fonda la nostra Costituzione. Si tratta di una piattaforma ideale che trascende e comprende la sinistra italiana.

La sinistra nelle sue varie articolazioni, che oggi stenta ad assumere forme di partito. Perché possa non solo sopravvivere, ma crescere, occorre che questo governo duri fino alla fine della legislatura. Le urgenze sono tante, offuscate da polemiche che richiamano alla memoria i peggiori aspetti della Prima Repubblica.

Chi avrebbe pensato che sarebbe stato il cosi detto capo politico della new entry, M5S, – speriamo sempre più isolato al suo interno – a mostrarsi più nostalgico di tutto quell’armamentario di polemiche, visibilità correntizie, verifiche partitocratiche, oggi sempre più impopolari?

Eppure questo governo, guidato da Giuseppe Conte, per motivi non tutti nobili, dispone di una larga maggioranza parlamentare. Chi invoca o minaccia elezioni anticipate in realtà preferirebbe un parlamento ed un governo di destra. Che si tratti di Carlo De Benedetti, di Di Maio o di alcuni così detti analisti che vanno per la maggiore.

La ragione non ultima perché ciò non debba accadere è la scadenza incombente dell’elezione del presidente della Repubblica. A questo proposito occorre un chiarimento.

Un punto debole della Costituzione – che, per motivi noti a tutti i democratici, in questa fase non deve essere manomessa – è l’indeterminatezza del ruolo del presidente della Repubblica.

Basti ricordare che in almeno due occasioni un presidente in carica ha manifestato tentazioni, se non coinvolgimenti, di colpo di stato. Mi riferisco ad Antonio Segni, all’epoca del Sifar, e a Giuseppe Saragat, dopo la strage di Piazza Fontana. Sono rischi che non possiamo correre in un epoca di destre rampanti in svariati paesi, compreso il nostro.

Come procedere, allora, nella concretezza della situazione attuale? Valorizzando appieno i poteri del Parlamento, prima vittima di rigurgiti partitocratici. Il governo, guidato da Giuseppe Conte – la cui crescita politica ha accompagnato la formazione della nuova maggioranza – dichiari e discuta in parlamento le sue priorità programmatiche con relativo ruolino di marcia. A questo proposito precisi la collocazione internazionale dell’Italia, oggi offuscata da indicazioni contraddittorie, con una priorità europeista che respinga al mittente le esortazioni in senso contrario di Donald Trump. Esprima obiettivi programmatici qualificanti una lotta contro l’ineguaglianza in qualsiasi forma essa si manifesti, disinnescando la lotta tra poveri fomentata dalle destre. Tuttavia, rinunci all’abuso, se non all’uso del voto di fiducia – elemento di debolezza e non di forza del parlamento, contrariamente a quanto erroneamente sostenuto da molti politici e costituzionalisti – obbligando, invece, gruppi e persino singoli parlamentari ad assumersi le proprie responsabilità. In altre parole, dia vita ad una maggioranza autenticamente parlamentare, con una flessibilità fondata su una netta separazione di poteri, che potrebbe dare vita a qualcosa di nuovo e di diverso, al di là del necessario rinvio di una presa di potere delle destre.

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