Filosofia: metodi e orientamenti contemporanei (a cura di Roberta Lanfredini, Carocci, pp. 322, euro 29,00) mostra la ricchezza della filosofia oggi attraverso l’analisi non di autori o di correnti ma delle diverse metodologie con le quali i filosofi leggono il mondo, che è molteplice e cangiante, e che rende quindi sempre dinamica anche la scienza che lo indaga.

Qualunque sia l’epoca, il metodo, le varianti, i temi fondamentali della ricerca filosofica sono in ogni caso l’essere, la verità, il tempo. La filosofia contemporanea affronta quest’ultimo argomento da una raffinata varietà di prospettive, che ne mostrano la complessità e confermano che dire filosofia e dire domanda sull’esseretempo è la stessa cosa.

UNA PAROLA GRECA che indica il mondo è physis suono che in sanscrito indica direttamente l’essere inteso non come stabilità, sostanza, ente, cosa, ma come la capacità di generare, produrre, germogliare, fiorire. «Un generarsi che è ‘aprirsi alla luce’, entrare nella presenza manifesta. Per un greco arcaico vivere è essenzialmente stare nella luce del sole» (Nicola Russo).

Il rapporto coscienza/mondo, che sta al centro del pensiero postkantiano, si declina nel metodo fenomenologico (ma non soltanto in esso) come «rapporto tra flusso di coscienza e natura essente in sé» (Federica Buongiorno). Per i pragmatisti fare filosofia significa immergersi nel flusso in trasformazione che è il reale, poiché «la realtà è sempre in evoluzione, ossia in trasformazione» (Giovanni Maddalena).
Per l’ermeneutica comprendere un testo significa comprendere la sua storia, da quando è apparso sino al presente.

E questo perché i testi e i loro autori sono tutti delle strutture storiche e temporali, sono anch’essi espressione del divenire, non sono ‘fatti’ statici acquisiti una volta per sempre.

OGNI COMPRENSIONE avviene nel tempo ed è tempo perché la temporalità «non è qualcosa di meramente ‘soggettivo’, connesso all’esistenzialità dell’esserci, ma è l’orizzonte di ogni comprensione, ovvero, kantianamente, il limite e la condizione di possibilità di ogni senso» (Gaetano Chiurazzi).

Persino le leggi di natura sono a loro modo storiche, determinate in base alle domande che alla natura vengono poste da una certa epoca e da una ben precisa comunità di studiosi. Esse sono «da considerare come stabilità comunque transitorie. Questo va a cambiare uno dei ‘dogmi’ della scienza» (Luca Vanzago) e costituisce uno degli esiti più significativi dell’ontologia processuale. Esito confermato – tra gli altri – dagli studi del fisico quantistico Lee Smolin, oltre che dall’epistemologia di Kuhn e soprattutto di Feyerabend.

Anche il concetto di identità va inteso e posto in relazione al tempo, poiché essa si costituisce sempre come tentativo di uniformare le differenze. Il primato del divenire rispetto alla fissità non nega ovviamente il permanere delle cose ma lo spiega in relazione al mutamento, senza il quale il permanere sarebbe una stasi mortale. Il tempo è infatti differenza ed è identità. Il tempo consiste nel rimanere identico di qualcosa che muta e nel mutare di ciò che permane.

LA DIMENSIONE TEMPORALE e storica che sta al centro di prospettive filosofiche quali l’ermeneutica, la fenomenologia, l’archeologia, la genealogia, l’ontologia processuale tocca anche metodologie quali la dialettica, il costruttivismo, l’intuizionismo, il trascendentalismo, la semiotica, la decostruzione e altri.
L’insieme di questi sguardi sul mondo conferma la ricchezza labirintica e feconda del lavoro filosofico svolto oggi nelle università e fuori di esse.