Le «rivelazioni» note a tutti di Emma Bonino
Ancora una volta, in queste ore, il dibattito pubblico sull’immigrazione dà il peggio di sé. Con la solita propaganda elettorale a basso costo stavolta costruita ad arte sulle dichiarazioni di […]
Ancora una volta, in queste ore, il dibattito pubblico sull’immigrazione dà il peggio di sé. Con la solita propaganda elettorale a basso costo stavolta costruita ad arte sulle dichiarazioni di […]
Ancora una volta, in queste ore, il dibattito pubblico sull’immigrazione dà il peggio di sé. Con la solita propaganda elettorale a basso costo stavolta costruita ad arte sulle dichiarazioni di Emma Bonino in merito agli accordi tra l’Italia e gli altri paesi Ue nel lancio dell’operazione Triton: nessuna rivelazione, ma fatti noti a tutti – ad esempio la deputata forzista Laura Ravetto, membro del Comitato Schengen, ricorda di averli denunciati da tempo – e noti soprattutto a quei parlamentari italiani che si sono così prodigati ad alimentare la polemica, evidentemente poco avvezzi a leggere documenti e atti ufficiali a loro disposizione. Né, come ricordava ieri Franco Bechis, tanto clamore hanno suscitato le medesime informazioni quando sono emerse due mesi fa nel corso dell’indagine conoscitiva del Senato sulle Ong: 5 Stelle, Lega, Forza Italia erano allora forse troppo concentrati ad accusare le Ong di essere in combutta con i trafficanti per ascoltare le parole delle più alte cariche militari intervenute.
Sarebbe, tuttavia, un grave errore rispondere con la stessa moneta a queste becere strumentalizzazioni, arretrare su posizioni difensive e di chiusura e contribuire ad alterare ancora la realtà sulle scelte operate all’epoca dal governo. Va piuttosto ricordata, e rivendicata con decisione, la scelta ammirevole fatta dal nostro Paese nel 2015, e prima ancora con l’operazione Mare Nostrum, di impegnarsi in tutte le sedi per evitare la morte in mare di decine di migliaia di persone in seguito alla tragedia di Lampedusa del 3 ottobre 2013 e alle successive: una posizione di cui essere orgogliosi e, da allora, sempre accompagnata dalla richiesta in sede europea di una maggiore condivisione e di meccanismi efficaci per un’equa redistribuzione dei profughi.
Oggi, di fronte alla crisi in corso e al rifiuto di alcuni paesi membri di assumersi le proprie responsabilità, non serve minacciare la chiusura dei porti, misura che sarebbe illegale oltre che disumana, o altre soluzioni propagandistiche ugualmente impraticabili. Al di là degli slogan, occorre invece uno strumento di maggiore pressione da parte dell’Italia verso gli altri Stati europei, che faccia leva anche sull’enorme credito che possiamo vantare grazie alle tante vite umane salvate e accolte. E questo strumento esiste già, come abbiamo ricordato nei giorni scorsi insieme a Luigi Manconi e alla Comunità di S. Egidio: si tratta della Direttiva europea 55 del 2001 sulla protezione temporanea, che in caso di afflusso massiccio di sfollati prevede innanzitutto meccanismi di solidarietà tra gli Stati membri attraverso uno smistamento nei diversi paesi. E per sfollati si intende chi fugge da guerre o violazioni di diritti umani come quelle che si consumano in Libia. Basterebbe, quindi che il governo italiano ne chiedesse l’attivazione al Consiglio europeo e, in attesa di una risposta, facesse quanto già fatto durante gli arrivi dalla Tunisia, nel 2011, procedendo con il rilascio alle persone, una volta identificate, di un permesso di soggiorno per motivi umanitari previsto dal testo unico sull’immigrazione: si consentirebbe così ai beneficiari di spostarsi all’interno dell’Ue. Sarebbero poi i singoli Stati membri a doversi assumere la responsabilità di respingere, alle frontiere con l’Italia, persone con un permesso di soggiorno valido in mano.
È arrivato il momento di far pesare ai nostri partner quanto fatto dell’Italia finora. E poi andare oltre, puntando a diventare per l’Europa un modello di governo dei fenomeni migratori. Come? Investendo in corridoi umanitari, creando canali legali di ingresso per lavoro, trasformando l’accoglienza in opportunità per prosciugare così il bacino di irregolarità, sfruttamento, lavoro nero a cui attingono le organizzazioni criminali e gli imprenditori della paura che lucrano consenso elettorale. Sono le proposte che in questi mesi, come Radicali Italiani con Emma Bonino e tante organizzazioni, stiamo portando nelle strade tra i cittadini raccogliendo le firme sulla legge popolare «Ero straniero – L’umanità che fa bene» per superare la Bossi-Fini.
*Segretario di Radicali Italiani
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