Le relazioni pericolose
Saggi «Storia dell’Italia mafiosa» di Isaia Sales, edito da Rubbettino
Saggi «Storia dell’Italia mafiosa» di Isaia Sales, edito da Rubbettino
Il libro di Isaia Sales, Storia dell’Italia mafiosa (Rubbettino, pp. 444, euro 19,50), è di grande interesse e dovrebbe suscitare un serio dibattito sullo stato di salute del nostro paese. Mafia e corruzione sono un male esterno che ogni tanto ci colpisce oppure la mafia è intrinseca alla nostra storia, come già fa intendere il titolo del libro e come è puntualmente confermata nelle più di 440 pagine del libro e da ben 44 pagine di rinvii ad altri studi e documenti. E non va dimenticato che Sales è stato un importante dirigente del Pci e autore di altri apprezzati libri sul nostro Mezzogiorno.
In sostanza la mafia è intrinseca alla vita sociale e politica non solo del Mezzogiorno, da dove avrebbe preso origine con i nomi di mafia, camorra e n’drangheta, ma di tutto il paese. E la sua presenza non si limita alle elezioni, specie amministrative, nelle quali ci sono anche candidati mafiosi. Adesso con la crisi dei partiti, il potere mafioso è fortemente in crescita: la mafia si intreccia con la politica e quando questa (come attualmente) è debole quasi la sostituisce.
Quando tramonta la presenza degli interessi generali, anche tra loro opposti, si apre un grande spazio per gli interessi particolari e vale ricordare che il particulare nella storia d’Italia ha pesato e pesa ancora. Vediamo tutti nei paesi dove abitiamo, come, in tempo di elezioni, i candidati spesso più che cercare il consenso del popolo, cercano quello dei boss locali. Tutto questo si svolge sotto i nostri occhi, ma ci scandalizza sempre meno e col procedere dell’attuale stagione diventa, ai nostri occhi, sempre più normale.
Nelle fasi calde della politica e della cultura la mafia si indebolisce e, quasi a dirci che la vera lotta alla mafia non si fa tanto con la polizia, ma con la forza degli ideali, quando prevale il convincimento che possiamo migliorare la nostra vita e quella degli altri, quando ci sono speranze (quelle che mancano in questa fase storica). Insomma il punto sul quale Sales insiste (e che io assolutamente condivido) è che la mafia (che Sales fa coincidere con la storia d’Italia) non è riducibile a pura criminalità, ha radici nella situazione sociale, politica e culturale del territorio nel quale cresce e io do grande importanza al ruolo delle speranze (tutto il contrario del detto: chi di speranze vive, disperato muore) che hanno mosso grandi movimenti di crescita culturale, sociale e politica.
Fuori di questa impostazione non si capirebbe niente della mafia, ridurla a fatto puramente delinquenziale non ci farebbe capire niente. «La storia delle mafie – scrive Sales – è in sostanza il disvelamento della funzione debole dello Stato italiano nell’impatto con un territorio che avrebbe avuto bisogno, per liberarsi delle forme violente prestatuali, di un diverso radicamento dello Stato e della rottura radicale con quelle classi dirigenti alleate della mafia. Perciò la storia della mafia mette a nudo la qualità storica dell’agire politico, a Roma e a Milano, non solo a Palermo, a Napoli o a Reggio Calabria».
Insomma, forse esagero, ma l’insegnamento di Sales è: se vuoi capire la storia d’Italia, studia un po’ la mafia che è anche una banalità del nostro paese come ci dice la provocatoria illustrazione di copertina, un domestico gattino che sul domestico pavimento di casa giocherella con un revolver.
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