Le regole per scegliere un buon pesce
Se avete la fortuna di essere al mare provate a conoscere un pescatore e fatelo diventare il vostro spacciatore di fiducia di pescato locale. Vedrete, questa piccola indagine metterà un po’ […]
Se avete la fortuna di essere al mare provate a conoscere un pescatore e fatelo diventare il vostro spacciatore di fiducia di pescato locale. Vedrete, questa piccola indagine metterà un po’ […]
Se avete la fortuna di essere al mare provate a conoscere un pescatore e fatelo diventare il vostro spacciatore di fiducia di pescato locale. Vedrete, questa piccola indagine metterà un po’ di pepe alla vostra vacanza. Perché in effetti la prima regola per scegliere un pesce buono per noi e per i nostri bistrattati mari è rivolgersi al pescatore come faremmo con il contadino. In pochi forse hanno questa fortuna, ma possiamo darvi altri suggerimenti per imparare a scegliere. Il primo: cercate pescato locale e pesce di stagione. Sì, perché anche i pesci hanno le loro stagioni che dipendono dalla riproduzione: evitare le specie che sono in questa fase consente loro di riprodursi. Per lo stesso motivo, non compriamo pesci sotto taglia: mangiare esemplari non ancora adulti o addirittura appena nati (come nel caso di bianchetti e novellame), vuol dire mettere a rischio la specie. Se ci tenente alla salute, per consumi regolari, preferite pesci a ciclo vitale breve: non hanno il tempo di assorbire metalli pesanti e altre schifezze e, se della giusta taglia, si sono riprodotti almeno una volta e non incidiamo sulle risorse. Basta poi con i pesci bistecca: tonno, salmone e branzino non sono le uniche specie sulla Terra. Largo a pesce azzurro, costardella, lanzardo, lampuga, palamita, pesce sciabola, sardina, sgombro, spratto, sugarello, tonno alletterato, zerro… Quanti di questi portiamo in tavola? A meno che non si parli di cozze e vongole, non ci sentiamo di consigliarvi il pesce di allevamento: pesa uno sproposito sugli ecosistemi, sporca e consuma. Per un chilo di salmone allevato, che tra l’altro nuota in una pozza di antibiotici e reflui (non proprio un’immagine appetitosa), servono 5 kg di pesci selvatici trasformati in mangime. E in ultimo, per tornare a casa con una sporta buona, pulita, giusta e sana non abbiate paura di tempestare di domande il vostro pescivendolo e frequentate solo le pescherie che espongono etichette che riportano informazioni come nome del pesce, provenienza, metodo di pesca o di allevamento. Infine, qualche dritta per riconoscere quello fresco: non deve darvi fastidio l’odore e deve avere colori brillanti. Occhi spenti, infossati o rossi non sono un buon segno, le branchie devono essere rosso chiaro o rosa, la carne soda e tonica. Di pesca, di pesci e di mari ne parliamo in lungo e in largo sul nostro sito (www.slowfood.it) e nelle numerose pubblicazioni sul tema di Slow Food Editore. Se invece, volete ascoltare, toccare e assaggiare vi aspettiamo a Torino dal 20 al 24 settembre, a Terra Madre Salone del Gusto: nell’area Slow Fish approfondiremo queste e altre importati tematiche. Buona estate intanto!
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