Le regine preferiscono i tamburi, tra pop e visioni funk’n’roll
Storie/Tante le ragazze che da sempre danno il ritmo, suonando uno strumento erroneamente considerato di pertinenza maschile Bobbye Hall, Moe Tucker, Meg White, Sheila E. o Palmolive, ognuna ha creato uno stile, sfatando pregiudizi e ampliando orizzonti
Storie/Tante le ragazze che da sempre danno il ritmo, suonando uno strumento erroneamente considerato di pertinenza maschile Bobbye Hall, Moe Tucker, Meg White, Sheila E. o Palmolive, ognuna ha creato uno stile, sfatando pregiudizi e ampliando orizzonti
Per un puro pregiudizio si è sempre pensato che la batteria fosse uno strumento poco femminile. Esiste una ricca storia di musiciste che sfatano questo mito anche se, come troppo spesso accade, le ragazze batteriste hanno dovuto dimostrare di avere qualcosa in più dei loro colleghi uomini per poter sfondare. Viola Smith è stata senza dubbio una pioniera e una vera ispirazione per tutti i batteristi (uomini e donne).
FAMA E IMPEGNO
La sua fama, e il suo impegno a favore delle colleghe musiciste, aprì le porte a molte altre interpreti. Una di queste fu Dottie Dodgion che iniziò la carriera negli anni ’50 alla batteria nell’orchestra di Benny Goodman. In tempi più recenti è diventata una strumentista molto richiesta nella scena jazz della West Coast. Bobbye Hall è una leggenda della black music. Iniziò a suonare giovanissima e fu scritturata negli anni ’60 dalla Motown dal musicista e produttore Paul Riser che si accorse di lei a una festa di ragazzi. Nella casa discografica di Detroit era la più giovane con un altro bambino prodigio chiamato Stevie Meraviglia, Stevie Wonder.
La sua batteria compare in diverse immortali hit di Marvin Gaye, Bill Withers, Aretha Franklin. Janis Joplin la vide e la volle per il suo album Pearl. Suonò poi con Carole King, diventando una delle session women più richieste degli anni ’70 e ’80 e incidendo per musicisti di ogni genere e estrazione tra cui Bob Seger, Rod Stewart, Dolly Parton, Lynyrd Skynyrd e Kris Kristofferson. Bob Dylan la scelse per un tour del 1978 in cui riproponeva le sue canzoni con arrangiamenti soul pop, la band di quella serie di concerti si ritrovò poi in studio per incidere Street Legal.
Bobbye Hall partecipò anche alle incisioni di The Wall dei Pink Floyd e suonò per Tom Waits nell’album Blue Valentine. Androgina, riservata, misteriosa Maureen «Moe» Tucker, oggi 75enne, era una delle tante ragioni per cui i Velvet Underground rimangono unici nel panorama musicale del rock. Batterista più per necessità che per educazione musicale, non si considerò mai una vera musicista e fece fronte alle sue lacune creando uno stile unico e personale. Suonava con una strumentazione ridotta all’osso, spesso composta solo da un rullante e un timpano, usava di rado i piatti e preferiva le mazzuole alle bacchette.
In un’epoca in cui i batteristi volevano primeggiare e spesso strabordare, le sue ritmiche essenziali, ma corpose e a volte ossessive, ispirarono una generazione. Introdusse un nuovo stile e portò il beat nell’era del punk. Ma la prima autentica batterista punk fu Paloma Romero, che amava farsi chiamare Palmolive. Nata in Spagna, ma trasferitasi a Londra, fu per qualche tempo la fidanzata di Joe Strummer, suonò nei Flowers of Romance con Sid Vicious per poi fondare il gruppo all-girl delle Slits. Malcolm Mclaren le vide come la risposta femminile ai Sex Pistols e provò a trasformarle in dive della «porno disco».
FORTI TENSIONI
Le ragazze lo mandarono a quel paese e incisero il loro storico album d’esordio Cut. Proprio per le tensioni scatenate da McLaren, Paloma non rimase molto nel gruppo, andando a suonare nelle Raincoats.
Karen Carpenter fu, fino alla sua tragica scomparsa nel 1983 per anoressia, l’anima dei Capenters, duo che divideva con il fratello Richard. Inanellarono tante hit negli anni ’70 negli Usa. Karen non era solo una vocalist, ma anche una batterista, anzi la sua carriera era nata proprio come percussionista nella banda della scuola. Nei Carpenters per qualche tempo svolse il doppio ruolo di vocalist e strumentista anche sul palco. Essendo però alta un metro e sessanta, sembrava quasi scomparire dietro i tamburi. I manager la costrinsero così a rinunciare, almeno dal vivo, alle bacchette e a presentarsi come solista davanti al microfono, nonostante la timidezza la faceva sentire un po’ a disagio. Per tutta la carriera amò definirsi «una batterista che canta». Le sue lotte contro i disturbi alimentari di cui soffriva (e che la uccideranno) porteranno all’attenzione del grande pubblico questioni, concetti e disturbi drammatici come l’anoressia nervosa. Impareggiabile nei ritmi funk e latini, Sheila Escovedo si è guadagnata il soprannome di «regina delle percussioni» e a ragion veduta.
Iniziò giovanissima la sua carriera in una famiglia di musicisti (suo padre era un percussionista e Tito Puente era il suo padrino). A venticinque anni aveva già suonato con Lionel Richie, Herbie Hancock, Diana Ross e aveva accompagnato Marvin Gaye nel suo ultimo tour. Nel 1984 inizia la sua collaborazione con Prince che non la considera una comprimaria, ma la trasforma in una presenza centrale dei suoi show e la presenta sul palco come Sheila E. I due diventano una coppia artistica e nella vita, e Sheila E. comincia anche una fortunata carriera solista. I suoi primi due album raggiungono il disco d’oro. Alla fine degli anni ’90 si allontana dal folletto di Minneapolis per intraprendere un’intensissima carriera che la vede spaziare tra generi e stili, ritrovandosi nel 2007 ancora accanto a Prince.
Alla fine degli anni ’70 a New York una ragazza italo americana ventenne destinata a grandi cose muoveva i suoi primi passi nella musica con due bacchette in mano. Si chiamava Louise Veronica Ciccone, ma sceglierà come nome d’arte un altro suo nome di battesimo, Madonna. La sua esperienza come batterista fu breve, ma fu il suo primo contatto con la musica pop. La futura star faceva parte di un gruppo chiamato Breakfast Club, che aveva messo insieme al suo fidanzato di allora, Dan Gilroy. Fu solo un momento di passaggio, Madonna decise di diventare un’artista in proprio. Sappiamo cosa accadde dopo. Questa breve esperienza è stata raccontata in un documentario uscito pochi mesi fa, Madonna and the Breakfast Club.
LA FURIA
Nel 1975 a Los Angeles nascevano le Runaways, fondate dalla chitarrista e cantante Joan Jett e dalla batterista Sandy West. Dimostrarono che l’hard rock poteva avere un volto e una furia tutta femminile. La loro storia durò pochi anni, diede però origine a un movimento musicale: Joan Jett e un altro membro della band, Lita Ford, ebbero carriere soliste molto apprezzate, la bassista Micki Steele fonderà un’altra formazione al femminile destinata a grandi cose, le Bangles. Sandy West proseguì invece come solista pubblicando l’album The Beat Is back.
«Abbiamo il beat» (We Got theBeat) divenne la più grande hit di un’altra formazione tutta di ragazze losangeline, le Go-Go’s. Nacquero nel solco del movimento punk californiano, ma il loro stile virò presto verso il power pop. La versione punk della formazione vedeva alla batteria Elissa Bello che fu licenziata per far spazio a una ragazza di Baltimora, Gina Shock, più completa come musicista e che diede alle Go-Go’s un suono meno aggressivo e più maturo.
Il loro album d’esordio Beauty and the Beat finì al primo posto della classifica Usa vendendo due milioni di copie. In tempi più recenti Gina è diventata una songwriter pop molto richiesta firmando colonne sonore e pezzi per Milley Cyrus e Selena Gomez.
La scena indie dagli anni ’90 in poi ha offerto diversi esempi di batteriste che hanno saputo dimostrare un’altra volta che il ritmo non ha genere. Tra tutte Janet Weiss, ritenuta oggi tra i migliori interpreti del suo strumento. Ha militato in Furies, Sleater-Kinney, Quasi, Wild Flag, ma ha prestato il suo stile eclettico ed esplosivo a Stephen Malkmus, Elliott Smith, The Go Betweens e Bright Eyes. E ancora miti indie come Meg White,batterista dei White Stripes, vero motore live del duo.
Una nuova generazione di musiciste è invece rappresentata bene da Stella Mozgawa della band californiana indipendente Warpaint. È una musicista molto versatile che ha collaborato anche con Kurt Vile, The xx, Tom Jones, Kim Gordon e Regina Spektor. Questo elenco, comunque incompleto, deve per forza includere anche Cindy Blackman, drummer tra le più rispettate in circolazione. Ce la ricordiamo tutti come la spettacolare musicista con la capigliatura afro accanto a Lenny Kravitz. Diplomata al Berklee College of Music ha fuso la sua educazione jazz con uno spirito rock. Ha collaborato con Pharoah Sanders, Sonny Simmons, Ron Carter, Sam Rivers, Cassandra Wilson, Angela Bofill, Buckethead, Bill Laswell e Joe Henderson.
La sua vita è cambiata quando è diventata la batterista di Carlos Santana. Il chitarrista nel luglio del 2010 durante un concerto le chiese di sposarlo. Sono convolati a nozze pochi mesi dopo. Ha sempre sostenuto che c’è una differenza tra una batterista donna e un batterista uomo: «le donne indossano il reggiseno».
I consigli di mema
Gli articoli dall'Archivio per approfondire questo argomento