Le ragazze della domenica
Cartelli di strada Ai maschi, la facoltà decisionale su come e dove trascorrere la domenica; alle ragazze, quella d’imporne il limite con l’orario di rientro. Non fumavano sigarette e non bevevano alcolici; né […]
Cartelli di strada Ai maschi, la facoltà decisionale su come e dove trascorrere la domenica; alle ragazze, quella d’imporne il limite con l’orario di rientro. Non fumavano sigarette e non bevevano alcolici; né […]
Ai maschi, la facoltà decisionale su come e dove trascorrere la domenica; alle ragazze, quella d’imporne il limite con l’orario di rientro. Non fumavano sigarette e non bevevano alcolici; né pronunciavano termini sconvenienti o peggio parolacce, in nessuna circostanza. Di mattina in chiesa per ricevere l’ostia consacrata a messa, di pomeriggio in oratorio per spiegare il catechismo ai fanciulli. Però anche loro di sera, le ragazze, si accomodavano sui divani di casa di qualcuno per guardare, a luci spente, filmini amatoriali a sfondo pornografico e lasciarsi andare nell’eccitazione di gruppo. Così, complice l’ambientazione predisposta ad arte, succedeva quel che succedeva. A luci spente. Ai genitori avrebbero raccontato di essersi divertite al cinema e, dopotutto, un proiettore e una pellicola avevano allietato effettivamente la serata.
Quanti film del genere abbiamo visto insieme e non soltanto la domenica sera! Pure nei giorni feriali, dandoci appuntamento lontano dalla scuola che per un nonnulla disertavamo. Margherita, diciottenne, capelli a coda di cavallo e un viso sottile, mostrava più anni d’età, forse tre o quattro. Non si faceva mai mancare nella borsetta, oltre al rossetto, il pacchetto schiacciato delle Mercedes. Giudicava meschino l’invito cerimonioso – per chi lo faceva e per chi lo accettava – con filmino-porno di preludio al rapporto stretto. Con chi le andava a genio, lei, semplicemente, saltava i convenevoli.
Insomma, per quel modo di fare… il tipo da sogno dei maschi. I quali, poveri cristi, senza la metodica messinscena delle smancerie (richiestissime invece) sapevano bene di non cavare un ragno dal buco. Proprio perché più avanti di tutti, sui tempi, Margherita non era alla portata di tutti; di coloro che ruotavano nella comitiva, almeno. Dove ognuno si vantava di averci civettato. Se capitava che qualcuno, mosca bianca, fosse estraneo ad atteggiamenti volti a richiamare le attenzioni altrui, l’ambiente sociale in cui era inserito al contrario traboccava di pose leziose. Che assumevano i narcisi, di ogni età, per elevarsi e rendersi oltremodo interessanti. Interessanti agli occhi degli altri. Ciascuno dei quali dandosi il medesimo tono, come gli altri, finiva per specchiarsi compiaciuto in sé stesso. Ogni comunità di cui si fa parte, in fondo, non è che la proiezione dell’io amplificato. I giovani erano stati impostati, soprattutto le ragazze, per praticare l’esercizio della simulazione e per coltivare le apparenze. Simulazione, apparenza, appartenevano a un unico comandamento, non scritto, cui uniformarsi per opportunismo, per tutelare una fasulla rispettabilità. Chi rifuggiva da comportamenti ipocriti, come Margherita, era bersaglio di critica e di disapprovazione.
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