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Le ragazze 2.0 cacciano fantasmi ipertecnologici

Le ragazze 2.0 cacciano fantasmi ipertecnologici

Al cinema Nelle sale italiane «Ghostbusters», contestato reboot al femminile. Paul Feig rifa il cult anni 80, ma non basta cambiare il sesso per creare un equivalente dei nostri tempi

Pubblicato circa 8 anni faEdizione del 2 agosto 2016

Anticipato da un’ondata di pubblicità negativa scatenata da furiose campagne minatorie in corso da mesi sui social, il nuovo Ghostbusters all girls è (come sta sperimentando Hillary Clinton) sia la prova che il pregiudizio contro le donne è il più duro a morire, sia che non basta cambiare il sesso dei protagonisti di un cult anni ottanta per creare un equivalente dei nostri tempi. Sulla carta, questo ritorno degli acchiappafantasmi prometteva bene. Alla regia, lo sceneggiatore/regista Paul Feig che, con Le amiche della sposa e Spy, ha già dimostrato che le donne possono divertire anche il grande pubblico estivo dei multiplex, affiancato da due attrici con cui aveva già lavorato molto bene, Melissa McCarthy, Kristen Wiig, insieme a Kate McKinnon e Leslie Jones, dal cast di Saturday Night Live.

Oltre al tema musicale di Ray Parker Jr., e al logo con il fantasmino bianco cancellato con la vernice rossa, a dare man forte a questo reboot tornano anche, con camei divertenti, i cacciatori di spiriti dell’originale – Bill Murray, Dan Aykroyd e Ernie Hudson. Mentre la presenza di Harold Ramis, mancato due anni fa, viene evocata grazie a un busto che si vede di sfuggita all’inizio.

Arrivato nelle sale nel 1984, e – insieme a Blues Brothers – un antesignano della grande commedia d’azione hollywoodiana contemporanea, Ghostbusters era il frutto del geniale pool di comicità eversiva che, dal gruppo d’improvvisazione comica chicagoano Second City, era calato sul programma televisivo newyorkese Saturday Night Live. Alle menti e ai corpi intenibili di Ramis, Aykoryd (coautori del film, in cui era previsto un ruolo anche per John Belushi, morto però nell’82) e Murray, per questa commedia dell’allora Columbia Pictures (molto meno demenziale di quello che si faceva in quegli anni alla Universal), aveva messo le briglie, il regista/produttore canadese Ivan Reitman.

Insieme ai parapsicologi cacciatori di fantasmi, l’altro grande protagonista del film era la New York degli anni ottanta, disastrata dalla crisi economica, su cui aleggiavano ogni sorta di leggende metropolitane (i coccodrilli albini nelle fogne..) e i cui tassi criminali – specialmente agli occhi del resto del paese- sembravano aver raggiunto quotazioni mitiche. Al punto che l’apparizione di mostri grandi come i palloni della parata di Thanksgiving non avrebbe stupito nessuno. L’atteggiamento blasé (quindi molto newyorkese) con cui gli acchiappafantasmi accolgono l’irruzione malefica del soprannaturale nella Grande mela era parte del fascino del film.

Molto ci sarebbe da fare sulla New York oligarchica e gentrificata di oggi (un incubo di altro tipo), ma Feig (cinquantatreenne, è nato in Michigan) non sembra interessato ad ancorare il nuovo Ghostbusters alla città. Più grave il fatto che investa molto poco anche sulla (sua) idea che, nel film, gli acchiappafantasmi sono tutti donne. Il che fa del nuovo Ghostbusters poco più di un pitch – anche se realizzato da persone di talento. Wiig è Erin Gilbert, che ha messo i fantasmi da parte in nome di una carriera rispettabile alla Columbia University e così facendo ha rotto con la sua amica di sempre Abby Yates (McCarthy), che – rimasta nerdissima- continua a studiare il paranormale insieme a Jillian Holtzman (McKinnon), ideatrice dei macchinari e delle armi del gruppo, che si muove un po’ come lo scienziato Picchiatello di Jerry Lewis.

Patty Tolan (Jones) è un’impiegata dalla Metropolitan Transit Authority che si arruola tra i ghostbusters, dopo l’incontro ravvicinato, nel tunnel della metropolitana, con lo spirito incattivito di un carcerato. In omaggio a tante segretarie svampite della storia del cinema, Chris Hemsworth è il bisteccone che le scienziate assumono per rispondere ai telefoni del loro ufficetto, situato sopra un ristorante cinese che sbaglia ogni volta il take out.

Nel primo film quasi tutti blob gassosi e sputa slime, i fantasmi usufruiscono dell’upgrade tecnologico/digitale degli ultimi quarant’anni. Ma anche lì, Feig lavora solo sulle apparenze. Upgradati anche al terzo millennio anche il volume e il ritmo del film –quindi inseguimenti, urla, espressioni del volto settati al massimo.

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