Le radici simboliche della palma di Anwar Daoud
Mostre A Torino, la collettiva nella galleria d’arte Darst The Dealers ospita «La Domenica delle Palme» in cui espone, tra gli altri, l’artista di origine irachena
Mostre A Torino, la collettiva nella galleria d’arte Darst The Dealers ospita «La Domenica delle Palme» in cui espone, tra gli altri, l’artista di origine irachena
Nel quartiere torinese di San Salvario, a pochi passi dall’Ospedale Valdese, la galleria d’arte Darst The Dealers ospita la mostra La Domenica delle Palme (fino al 10 settembre) in cui espone, tra gli altri, l’artista di origine irachena Anwar Daoud. Classe 1983, è nata a Damasco da genitori iracheni: «Si erano conosciuti a Beirut durante la guerra civile, lui medico, lei giornalista comunista e per questo costretta all’esilio». Anwar ha vissuto con la madre a Tunisi, poi a Berlino e all’Aia. È in Olanda che si diploma in comunicazione e filosofia. Nel 2012 trova lavoro nella regione del Kurdistan iracheno come project manager per una Ong internazionale che si occupa di bambini sfollati. Ed è a Sulaymaniyya che conosce il fotografo Stefano Carini con cui si sposa e si trasferisce in Italia, dapprima in Sicilia e poi a Torino.
FOCALIZZATO su radici e identità, il lavoro di Anwar ruota attorno a palme composte da parole incollate. Accanto alle sue opere si legge che nell’Iraq di Saddam la palma da dattero era il simbolo di vittoria, pace e fertilità. Prima della guerra scatenata nel settembre 1980 dal dittatore iracheno contro l’Iran, in Iraq c’erano 30 milioni di palme che producevano tre quarti dei datteri di tutto il mondo. Decenni di guerre, inquinamento causato dal petrolio, siccità e negligenza le hanno ridotte a 6 milioni. Mentre il visitatore osserva le opere, sullo sfondo riecheggiano le note melanconiche di Wa Habibi e la voce della cantante libanese Firouz.
DELLE TRE OPERE di Anwar esposte nella galleria San Salvario, una è autobiografica: le radici sono versi del poeta palestinese Mahmoud Darwish in arabo su fondo nero, a testimoniare le radici famigliari; il tronco è composto da parole ritagliate da una rivista di filosofia olandese, simbolo della giovinezza e degli anni della formazione nei Paesi Bassi; la sommità è composta da vere foglie di palma, trattate affinché non si decompongano; i datteri sono due e la lingua usata è l’italiano perché due sono i figli di Anwar e Stefano: Dario e Leila.
Un’altra delle opere di Anwar è stata realizzata per un avvocato di origine siciliana cresciuto in Germania. In questo caso le parole ritagliate e ricomposte sono dei passaggi di Pirandello per ricordare le origini, frasi di Goethe per rendere omaggio al paese ospitante, nonché articoli della Costituzione per soffermarsi sulla professione di giurista.
TRA UNA SCRITTA E L’ALTRA si intravede la frase «Il matrimonio è ordinato sull’eguaglianza morale e giuridica dei coniugi». E ancora: «Nessuna restrizione può essere determinata da ragioni politiche». A testimoniare quanto le seconde generazioni di mediorientali in Europa possano lasciarsi alle spalle le regole arcaiche di un mondo in cui affondano le radici ma in cui non si riconoscono.
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