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Le prove dei No Tap: ma quale fine lavori, «il microtunnelling non è finito»

Le prove dei No Tap: ma quale fine lavori, «il microtunnelling non è finito»Sit-in No Tap a San Foca, marina di Melendugno – LaPresse

Il gasdotto Contrariamente a quanto comunicato dalla società, l’opera non avrebbe rispettato la tempistica prevista. Gli attivisti, che denunciano interferenze anche con la barriera corallina, vogliono sapere a che punto sono le indagini dopo i numerosi esposti per violazioni ambientali

Pubblicato più di 5 anni faEdizione del 1 giugno 2019
Serena TarabiniMELENDUGNO

Materiali costosissimi ancora ammassati in deposito. Cantiere attivo per tutto il mese di maggio. Un numero di componenti utilizzati non sufficiente per il completamento della struttura. Sono diversi i fattori che fanno sorgere dubbi su quanto recentemente comunicato dalla società Tap a tutti gli enti coinvolti nel progetto di costruzione dell’ultimo tratto del contestato gasdotto che vuole portare il gas dell’Azerbaijan in Europa. Con una lettera datata 7 maggio 2019, la società Tap informa che «in data 26/04/2019 è stata completata la perforazione del Microtunnelling in accordo agli elaborati di progetto». Una comunicazione che ha destato le perplessità dei No Tap, il variegato movimento contrario al gasdotto, le cui attività di sorveglianza e denuncia delle numerose irregolarità che stanno accompagnando la realizzazione del progetto non si sono mai fermate.

L’osservazione quotidiana di cantieri che distano poche centinaia di metri dalle case, il controllo dei movimenti dei materiali, lo studio meticoloso del progetto e la conoscenza del loro territorio ha spinto gli attivisti a convocare una conferenza stampa dove sollevare questa come altre problematiche gravi e meritevoli di rinnovata attenzione anche da parte delle autorità giudiziarie.

Il Microtunnel è la parte più delicata e costosa del gasdotto, una galleria sotterranea di 3 m di diametro e 1.540 di lunghezza che permetterà al tubo di arrivare dal mare alla terra ferma.

A questo scopo una talpa in gennaio ha iniziato a perforare il sottosuolo da un pozzo di spinta a 600 metri dalla costa e procede in direzione mare a una profondità iniziale di 10 m che diventeranno 27 in prossimità del punto di uscita, sul fondale marino. Man mano vengono collocati i “conci”, strutture cave di cemento armato e resina che costituiscono le pareti. È proprio da questi conci che partono le perplessità dei No Tap: si tratta di tubi di 3 metri di diametro e 2,3 m di lunghezza, che vengono collocati da una gru; ogni 100 metri c’è l’inserimento di un concio speciale che fa da stazione di spinta intermedia, visibilmente diverso. Sulla base dei conci speciali inseriti gli attivisti supportati da esperti, hanno calcolato che il tunnel non può aver superato la metà della sua lunghezza; inoltre non si spiega come sia possibile che più di 80 conci, il cui costo si aggira attorno ai 10mila euro l’uno, giacciano in deposito. Difficile anche trovare una conciliazione fra la fine delle trivellazioni dichiarata il 26 aprile e il continuo lavoro di estrazione di imponenti moli di acqua e sabbia osservato nelle settimane successive a quella data.

A supporto dei dubbi sulla effettiva conclusione dei lavori vi è anche l’insolita discrezione osservata da Tap. Il tunnel è il più lungo mai realizzato nel mondo, ed è decantato dalla Tap come una favolosa opera ingegneristica. Ora che questo fiore all’occhiello è terminato e oltretutto a tempo di record, 100 giorni anziché i 240 preannunciati, perché privarsi della soddisfazione di comunicarlo alla stampa?

Ci sono sufficienti indizi per quantomeno arrivare a sospettare, come fanno i No Tap, che questa formale e sommessa dichiarazione di fine lavori serva a provare che l’opera ha rispettato la tempistica prevista dalla Valutazione di Impatto Ambientale, atto necessario per confermare i vantaggi finanziari ottenuti in Europa.

Il Movimento esige dei chiarimenti. Chiede anche che fine hanno fatto i gli esposti presentati nel corso di questi anni sulle numerose e gravi violazioni commesse dalla società i cui vertici sono indagati per disastro ambientale. Ma i lavori continuano. E anche se è scientificamente provato che nei fondali dove è previsto sbocchi il microtunnel, pullulano specie protette e addirittura i coralli. Una situazione da sempre denunciata dal fronte di opposizione e sulla quale il ministero dell’Ambiente si appresta a chiudere un occhio: Tap non potendo rispettare le prescrizioni previste, ha apportato delle modifiche. La prassi Via insegna che se delle prescrizioni non vengono rispettate, decade l’intero progetto. Ma non sembra essere proprio questa l’intenzione.

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