Le proteste contro Trump uniscono le piazze agli stadi
Stati Uniti Le star Nba si accordano: parleranno solo dell’omicidio dell’afroamericana Breonna Taylor
Stati Uniti Le star Nba si accordano: parleranno solo dell’omicidio dell’afroamericana Breonna Taylor
Le proteste di Black Lives Matter continuano e non solo nelle strade, anche negli stadi e nel mondo dello sport. I giocatori di pallacanestro della Nba si sono accordati, e durante le interviste hanno deciso di parlare tutti di una cosa sola: giustizia per Breonna Taylor, la donna afroamericana uccisa a Louisville, Kentucky, da due poliziotti bianchi che hanno fatto irruzione a casa sua e le hanno sparato mentre dormiva.
MOLTI GIOCATORI si sono detti preoccupati che un ritorno delle partite possa spostare l’attenzione dalle preoccupazioni per la giustizia sociale, e si sono detti intenzionati a continuare la conversazione su questo tema, mettendo da parte i commenti sportivi.
«Qualsiasi cosa chiediate riguardo il basket, risponderò semplicemente: Abbiamo bisogno di giustizia per Breonna Taylor», ha detto Alex Caruso dei Los Angeles Lakers. Nei campi da baseball, invece, tutti i giocatori dei Washington Nationals come dei New York Yankees hanno tenuto in mano un pezzo di tessuto nero e si sono inginocchiati osservando un momento di silenzio.
ALCUNI HANNO INDOSSATO magliette Black Lives Matter durante il riscaldamento pre-partita, e molti hanno giocato con lo slogan scritto su una piccola toppa cucita sulle divise. Alle manifestazioni si sono aggiunte e spesso sovrapposte quelle contro la presenza muscolare delle squadre di polizia federale a Portland, Oregon, mandate da Trump per difendere i monumenti e «ristabilire l’ordine e la legalità», nonostante il parere contrario delle autorità locali che vedono alzarsi il livello di scontro.
Visti gli scontri che durano ormai da due settimane, Trump ha deciso di inviare ancora più agenti federali a Portland; questa sua decisione ha spinto i sindaci di Chicago Seattle, Portland, Albuquerque, Washington DC e Kansas City a scrivere una lettera al Congresso, chiedendo di approvare una legge che impedisca a Trump di mandare le squadre di polizia federale nelle loro città senza il loro consenso.
LA QUESTIONE DELLA VIOLENZA con cui vengono affrontate le manifestazioni pacifiche e della svolta autoritaria di Trump, è stata affrontata ieri alla Camera dove il ministro di giustizia William Barr ha testimoniato davanti al Comitato Giustizia; i democratici hanno affrontato Barr su una serie di episodi che sollevano preoccupazioni sull’indipendenza e sull’uso della forza dell’agenzia. Il presidente della commissione Jerry Nadler, un democratico di New York, ha affermato che la Camera «sta valutando l’opzione» di accusare formalmente il procuratore generale di politicizzare le indagini. Nadler ha aperto l’udienza del comitato affermando che Barr ha messo a rischio due obiettivi centrali del Dipartimento di Giustizia: l’amministrazione imparziale della legge e la protezione dei diritti civili.
Barr, mentre scriviamo sta ancora testimoniando, si è difeso dicendo che le squadre federali vengono mandate per difendere la polizia locale «da manifestanti armati di fionde poderose», e che tagliare i fondi alla polizia è «estremamente pericoloso».
OLTRE A BARR ha testimoniato anche Adam DeMarco, comandante della Guardia Nazionale che ha prestato servizio in Iraq, per dire che il 1°giugno, a Washington DC i manifestanti pacifici sono stati «sottoposti a un’escalation non provocata e ad un uso eccessivo della forza» quando agenti federali hanno usato gas lacrimogeni e granate esplosive per sgombrarli da Lafayette Square per permettere a Trump di fare una foto con una bibbia in mano davanti a una chiesa.
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