Le promesse rischiano di tradire le aspettative
Transizione ecologica Già il Pnrr inviato a Bruxelles contiene ambiguità e la possibilità di soluzioni opposte. Non sarà facile avere ragione delle resistenze conservatrici dei potentati economici e il governo finora non ha dato prove certe di volere guidare la svolta ecologica
Transizione ecologica Già il Pnrr inviato a Bruxelles contiene ambiguità e la possibilità di soluzioni opposte. Non sarà facile avere ragione delle resistenze conservatrici dei potentati economici e il governo finora non ha dato prove certe di volere guidare la svolta ecologica
Dopo gli impegni di Draghi in parlamento sulla transizione ecologica, in particolare sulla produzione di energia da fonti rinnovabili, sulla rete ferroviaria, sui veicoli a trazione elettrica, sulla produzione e la distribuzione di idrogeno verde c’è il rischio di forti delusioni e di un disimpegno italiano dall’uscita dai fossili. Uscita che, con ogni probabilità, sarà convalidata nella conferenza autunnale della COP 26 a Glasgow, come annunciato anche sui nostri media da Jeffrey Sachs e dal del Segretario Generale delle Nazioni Unite, Antonio Guterres.
Già il Pnrr inviato a Bruxelles contiene ambiguità e la possibilità di soluzioni opposte. Non sarà facile avere ragione delle resistenze conservatrici dei potentati economici e il governo finora non ha dato prove certe di volere guidare la svolta ecologica. Le posizioni appena emerse sugli appalti e sulle semplificazioni sono già un pessimo segnale.
Eppure al Presidente del Consiglio, come ai suoi Ministri, non può sfuggire che le carte inviate a Bruxelles (Pnrr) sono un piano strategico in quanto ha il compito di portare l’Italia fuori dal disastro della crisi occupazionale ed economica post pandemica.
Un piano strategico non si realizza solo con i bandi per usare le risorse per i diversi interventi previsti dal Pnrr, ma richiede che il Governo adotti un’ottica di programmazione, usando le partecipazioni pubbliche per costruire un insieme di interventi con obiettivi coerenti con la svolta ecologica ed in particolare la transizione energetica.
Il mercato non è in grado di dare organicità agli interventi per stare nel solco di un interesse pubblico che ha condiviso l’ecologia integrale come segno della svolta produttiva e comportamentale del Paese. In sostanza, occorre che la programmazione veda tra i protagonisti i soggetti partecipati dal sistema pubblico, richiamandoli alla coerenza del Green New Deal europeo anziché al compimento dei profitti aziendali residuati da un’era fossile con un futuro assai precario.
Nel caso particolare dell’energia, le grandi aziende partecipate dal pubblico (ex municipalizzate comprese) non possono essere i questuanti delle risorse del Pnrr per ripetere il vecchio modello e mutuare dal di fuori tecnologie e professionalità, come nel caso delle rinnovabili, che diventano strategiche per l’occupazione e la salute dei cittadini e che debbono essere realizzate da una manifattura riconvertita e rinnovata, per averne la disponibilità nel momento della necessità..
Per quanto ancora lo sviluppo dell’eolico e del nuovo fotovoltaico verrà promosso solo fuori dall’Italia? Possiamo limitarci a diffondere le colonnine per la ricarica elettrica e rinunciare a produrre veicoli elettrici, visto che la Iea propone di cessare la produzione dei veicoli a scoppio entro il 2035 ?
Documenti dell’Iea e dell’Onu hanno messo sotto accusa non solo il carbone ma l’uso del gas naturale. E’ comprensibile che chi ha fatto la scelta del metano con accordi, con gasdotti e ora ne ha la disponibilità trovi difficoltà a convertire le proprie scelte. Eppure è inevitabile che questo avvenga, mentre resta un ruolo di sorda resistenza e si tenta di rinviare le scadenze che riguardano non più solo la riduzione della CO2 ma anche del metano, sempre più presente in atmosfera con effetti climalteranti.
L’uso del gas naturale ha svolto il suo compito e oggi è solo l’alibi per mantenere l’Italia nella cultura e nell’economia fossile. Ogni nuovo investimento nel gas naturale, anche per sostituire il carbone, sottrae risorse alle fonti rinnovabili, in particolare fotovoltaico ed eolico che debbono crescere di almeno 50 GW entro il 2025, cioè da subito e nei tempi del Pnrr.
Il caso di Civitavecchia è emblematico. Mentre scriviamo (ieri, ndr) si sta svolgendo un presidio in piazza cui partecipano la maggior parte delle rappresentanze della città. Qui è stata avanzata la proposta di un progetto che sostituisca la centrale a turbogas da ben 1680 MW, che si verrebbe rendere operativa al posto del carbone. Ogni calcolo di convenienza anche economica la rende perdente a confronto di un progetto con fotovoltaico a elettrificare il porto e eolico off- shore e idrogeno verde a fornire elettricità sostitutiva per un ridisegno del territorio. Si creerebbe così un potenziamento della logistica che riqualifichi il porto e dia, oltre che aria pulita, nuova occupazione decuplicata rispetto a quella prevista in un impianto a gas automatizzato.
Arriveranno mai le voci ragionevoli dei sostenitori del progetto alternativo ai ministri paludati che ogni giorno passano da una tecnologia all’altra in totale «souplesse»?
I giovani hanno chiesto coraggio nelle scelte per il loro futuro. La prova verrà dalla capacità del governo di non farsi bloccare dai poteri che vogliono conservare il modello di sviluppo sotto accusa.
Per questo proponiamo di costruire un osservatorio sulla transizione ecologica, partendo dal Pnrr per evitare che un fiume di soldi finisca, al solito, in un fenomeno carsico.
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