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Le pistole dei petrolieri texani puntate sul mare sardo

Le pistole dei petrolieri texani puntate sul mare sardo

Ecoreati Dopo lo stop al ddl torna l’incubo «air gun». Con il blitz alla Camera l’uso di bombe d’aria per esplorare le acque in cerca di greggio è di nuovo possibile. Sindaci e ambientalisti in rivolta

Pubblicato più di 9 anni faEdizione del 6 maggio 2015

Il voto a scrutinio segreto che cancella dal ddl sugli ecoreati il divieto di usare l’air gun apre in Sardegna prospettive inquietanti. Sui tavoli del governo giace infatti da tempo un progetto che prevede l’utilizzo delle bombe d’aria per cercare petrolio al largo della costa occidentale dell’isola. È stato presentato circa un anno fa dalla Schlumberger Limited, la più grande società per servizi petroliferi al mondo.

Da Houston, in Texas, i manager della multinazionale gestiscono 115 mila dipendenti di oltre 140 nazionalità, che lavorano in oltre 85 paesi (gli uffici della filiale italiana stanno a Ravenna). In Sardegna il colosso Usa ha proposto un intervento che ha come “teatro” buona parte del litorale che da Alghero, a nord, va sino a San Vero Milis, a sud, passando per Villanova Monteleone, Bosa, Magomadas, Cuglieri e Narbolia. Un’area marina di 20.922 chilometri quadrati.

La Schlumberger ha inviato ai funzionari del ministero per lo Sviluppo economico una richiesta di valutazione di impatto ambientale: il primo passo della procedura di autorizzazione. Tutto però si è bloccato perché la tecnica dell’air gun, che i manager Usa vorrebbero usare in Sardegna, è poi entrata nel ddl sugli ecoreati. Ma dopo ciò che è accaduto ieri alla Camera, il quadro cambia.

I cacciatori di petrolio di Houston possono nuovamente impugnare le loro pistole. Gigantesche pistole, che sparano nelle profondità marine una paurosa quantità di aria compressa, che raggiunge il fondo del mare e poi manda indietro un “rimbalzo” acustico dalla cui intensità è possibile capire se negli abissi così “bombardati” si nasconde il prezioso oro nero.

Unico ostacolo per le aspettative di profitto della Schlumberger resta l’opposizione forte e determinata sia delle popolazioni locali sia di un nutrito fronte ambientalista.

Tutti i sindaci della zona interessata hanno chiesto al ministero dell’Ambiente e a quello dello Sviluppo economico di fermare la Schlumberger. E anche dal fronte dei deputati sardi si levano voci di protesta: «Con un blitz a scrutinio segreto è stato cancellato il reato penale per chi ricerca petrolio in mare con le bombe sismiche – attacca Mauro Pili, deputato del partito autonomista Unidos – Non resteremo a guardare». «Rimandare al Senato il ddl sugli ecoreati è un errore – sottolinea da parte sua il deputato del Centro democratico Roberto Capelli – L’air gun per la ricerca di petrolio in mare va vietato e non si capisce perché dall’oggi al domani si sia cambiato idea. Noi in Sardegna sappiamo bene quanto sia deleterio, per l’ecosistema marino, per la pesca e dunque per la stessa economia, perché lo abbiamo già sperimentato. Il gioco non vale la candela nemmeno sul piano del ritorno economico perché i costi sono sostenibili solo con giacimenti grandissimi, che in Italia non esistono. Ecco perché non possiamo arretrare, anzi servono pene durissime per chi commettere reati contro l’ecosistema».

Una richiesta di stop alle ricerche petrolifere davanti alle coste della Sardegna arriva in particolare dal Gruppo d’intervento giuridico (Grig). L’associazione ambientalista denuncia che oltre ai texani della Schlumberger ci sono i norvegesi della Tgs Nopec Geophysical Company pronti a puntare le pistole ad aria compressa sui fondali marini sardi. Anche la società nord europea, infatti, ha inviato al governo una richiesta di valutazione di impatto ambientale per un intervento di rilevazione sulle coste occidentali dell’isola, in una zona un po’ più a nord rispetto all’area che interessa alla Schlumberger. «Le operazioni con air gun previste da tutte e due le multinazionali – ricordano i militanti del Gruppo di intervento giuridico – si svolgerebbero in un’area contigua al cosiddetto Santuario Pelagos, istituito dall’Unione europea come area marina protetta di interesse internazionale e area protetta di interesse mediterraneo».

«Una zona – spiega il Grig – di straordinario valore naturalistico, abitata non solo da balene e delfini, ma anche da tartarughe marine. Se si usassero le bombe d’aria, il danno per queste specie sarebbe devastante: potrebbero perdere l’udito e insieme l’orientamento. E si rischierebbe una strage».

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