Le pensioni non sono quasi per niente presenti nel testo della legge di bilancio. Ma continuano ad essere al centro del dibattito. Se il solo misero aumento della rivalutazione totale per gli assegni dai 1.500 a 2mila euro lordi mensili ha fatto decidere ai sindacati dei pensionati di scendere in piazza sabato mattina al Circo Massimo, Quota 100 divide la maggioranza e la politica. Nel giorno in cui l’Inps comunica di aver toccato il tetto delle 200mila domande – il governo Lega-M5s se ne aspettava 350mila – la Cgil certifica le «disuglianze di genere del sistema previdenziale» che penalizza in modo forte e ingiusto le donne. Se per Quota 100 le domande di donne nel settore privato sono state un quarto di quelle degli uomini – 20mila contro 83mila nel 2019, a conferma che i 38 anni di contributi richiesti sono una chimera per le donne – le pensioni di vecchiaia erogate alle donne sono il 48% in meno rispetto a quelle erogate agli uomini, quelle anticipate il 20% in meno. Inoltre, l’83% delle pensioni integrate al minimo sono liquidate alle donne, che ricevono una pensione di vecchiaia che ammonta a 645 euro lorde al mese. È poi il forte peso del lavoro di cura che ha riflessi pesantissimi sul futuro previdenziale delle donne in Italia, dove nel giro di soli 6 anni si è arrivati alla parità di genere solo per l’età richiesta per la pensione di vecchiaia: aumentandola di 4 anni e 7 mesi per le donne e di soli 7 mesi per gli uomini. Gli effetti del mancato riconoscimento del part time verticale a fini pensionistici – nonostante le sentenze della Corte europea – e la discontinuità contributiva dopo la nascita dei figli e la cura dei padri porta ad un quadro insostenibile: il rischio concreto di andare in pensione a 73 anni con un assegno sotto i 700 euro.
«Per rimuovere le attuali disuguaglianze – dichiara il segretario confederale della Cgil, Roberto Ghiselli – serve una riforma complessiva dell’attuale sistema pensionistico, così come proponiamo nella Piattaforma unitaria con Cisl e Uil. Vanno riconosciute le diverse condizioni delle persone, a partire da quelle di genere, bisogna prevedere una vera flessibilità in uscita, tutelare le carriere discontinue, il lavoro di cura prestato in ambito familiare, che per il 68% è a carico delle donne. È urgente intervenire per garantire una piena e regolare copertura previdenziale alle lavoratrici in part time verticale ciclico, che ad oggi, non vedendosi riconoscere i contributi nei periodi di sosta lavorativa, sono costrette ad andare in pensione più tardi».
I mancati interventi sulla rivalutazione, la mancata estensione della 14eisma e la penuria di risorse per il Fondo sulla non autosufficienza sono le motivazioni alla base della manifestazione di Spi Cgil, Fnp Cisl e Uilp sabato mattina al Circo Massimo a Roma. «Sarà una grande manifestazione: le pensionate e i pensionati non si arrendono e sono determinati a non mollare», annuncia il segretario generale della Uil,Carmelo Barbagallo. «Tutte le nostre categorie – ha detto Barbagallo – hanno assicurato una presenza molto significativa anche di lavoratrici e lavoratori. Le pensionate e i pensionati, infatti, sono stati sostanzialmente ignorati da questa manovra, ma la manifestazione sarà un momento di protesta e di proposta per un modello di sviluppo, prefigurato nella piattaforma unitaria, che interessa l’intero sistema economico. Nella manovra ci sono molte promesse, ma i fatti concreti sono ancora pochi e l’attuazione di alcune decisioni è ridimensionata dalle poche risorse o procrastinata nel tempo. Contestualmente, solleciteremo l’avvio di un confronto per vere riforme sul fronte previdenziale, a partire dall’introduzione di una flessibilità effettiva verso il pensionamento».