Cultura

Le parole rimosse degli studenti durante la pandemia

Le parole rimosse degli studenti durante la pandemiaLaPresse

Scaffale «La scuola ha riaperto come dopo una nevicata», a cura di Marzia Dalfini, Maddalena Fragnito e Sara Leghissa. Il testo è nato nelle assemblee, dal dialogo con alcuni giovani di Milano tra i 14 e i 18 anni

Pubblicato circa un anno faEdizione del 5 ottobre 2023

La scuola ha riaperto come dopo una nevicata. Pandemia, classe, inefficienza strategica (Nero, pp. 130, euro 16), Arioso, come il suo titolo, è il libro curato da Marzia Dalfini, Maddalena Fragnito e Sara Leghissa. Il testo, impaginato in maniera accattivante, è nato nelle assemblee organizzate quando le scuole hanno riaperto ed è il risultato del dialogo tra le curatrici e gli studenti tra i 14 e i 18 anni che sono diventati oggetti della strategia della paura, della vittimizzazione e dell’alienazione digitale che la gestione neoliberale della pandemia ha esasperato. Il solo fatto di sedere in cerchio, parlando e ascoltando, ha disciolto per un tratto la forma congelata assunta da un’individuazione immunizzata senza solidarietà e ha permesso una tregua per chiedersi «come stiamo davvero».

L’INCHIESTA è proseguita riversandosi nelle strade di Milano dove sono stati affissi grandi manifesti sui quali sono stati pensati i pensieri condivisi durante gli incontri. Le parole rimosse degli studenti durante l’emergenza pandemica sono arrivate a comporre un libro che si presenta come un’analisi politica dei processi che hanno trasformato la scuola pubblica in una scuola del «capitale umano» dove l’«umano» è l’appendice del capitale e il capitale è l’alfa e l’omega della storia.

La gestione neoliberale della pandemia ha intensificato questo processo, ha confermato l’autoritarismo aziendalistico e la passività indotti da una scuola che ha accelerato la digitalizzazione proprietaria della didattica con il piano «Scuola 4.0». «Anche in tempi difficili – scrivono le curatrici – gli studenti non hanno mai smesso di desiderare un altro modo di vivere e di imparare attraverso il gioco, la condivisione, il piacere, la crescita individuale e collettiva». Da questo intrico vivente di desideri e relazioni che uniscono le creature nascenti al mondo con la loro potenza e un’idea di istituzione rinasce un’idea di scuola. Inascoltata, sfuggente eppure miracolosamente presente.

SCORRIAMO QUI le frasi degli studenti in grassetto corsivo usate dalle autrici come ritornelli che guidano la loro analisi. «Non ascolto il Tg da tempo, è tutto un insulto ai giovani»; «Durante la Didattica a distanza ci chiedevano di tenere le mani in alto e gli occhi chiusi per non copiare»; «L’unica voglia che avevo di alzarmi dal letto la Dad me l’ha distrutta»; «Voi adulti avete capito dopo quello che abbiamo cercato di dirvi prima»; «Quello che c’è dentro i social ti circonda e ti schiaccia»; «Eri trasparente, non sentivi niente dentro, non riuscivi a esprimerti»; «La salute mentale? Sembra di parlare di una cosa che non esiste»; «Se non ci sopporti, perché insegni?»; «Tante persone non si rendono conto che torniamo dopo due anni di niente»; «Mi vuoi ancora bene?».

L’elenco permette di comprendere l’avanzato processo di auto-analisi degli studenti. Non è solo una clinica, ma l’abbozzo di una critica sociale. Lo si vede dalla descrizione del regime della depressione di massa alla quale lavorano incessantemente le istituzioni del controllo. Gli studenti pongono il problema della risposta alla strategia – definita di «inefficienza strategica» – di chi rimuove le cause e scarica le responsabilità su chi è già vittima della subalternità. «Non è arrivata dal niente questa depressione – scrivono – come se non ci si potesse accorgere prima di quanto destabilizzante e spaventoso era ciò che stava accadendo». È una scoperta politica. Ciò rende il libro uno strumento utile per spiegare la politica neoliberale che rimuove l’emergenza climatica o per trasformare l’idea di classe, concetto che trova nel libro un ripensamento generativo, non meramente economicistico.

Alla politica che patologizza i fenomeni sociali, riducendo i bisogni e i desideri a problemi psichici, si può rispondere con Giulio Maccacaro secondo il quale se una malattia esiste, essa è il prodotto dell’assenza della partecipazione.

IL ROVESCIAMENTO è enunciato dalle autrici e permette di ricollegare la critica della scuola della «meritocrazia» a quella delle definizioni tecnico-normative della malattia, dello sguardo oggettivante della psichiatria e della frammentazione prodotta dalle piattaforme digitali. Ciò permette di prospettare la riunificazione dei saperi critici nelle prassi comuni e in uno «sperimentalismo educativo». C’è un mondo di libertà politiche contro i modelli tossici di autorealizzazione con i quali il mercato seduce. E distrugge.

I consigli di mema

Gli articoli dall'Archivio per approfondire questo argomento