Visioni

Le ombre dell’America Latina in un summit sulle Ande

Le ombre dell’America Latina in un summit sulle Ande

Al cinema Nel thriller politico di Santiago Mitre, «Il presidente», i leader politici degli stati latinoamericani si incontrano in un hotel del Cile

Pubblicato circa 6 anni faEdizione del 31 ottobre 2018

Lanciato dalla Settimana della Critica con El amor – primera parte nel 2004 Santiago Mitre è ormai diventato tra i più interessanti nomi del cinema argentino, selezionato nei festival più importanti (Paulina alla Semaine di Cannes) sceneggiatore per Pablo Trapero (Leonera, El Elefante Blanco). Con La Cordillera (tradotto in un più italico Il Presidente) affronta una delle sue tematiche preferite, gli intrighi e le tattiche della politica e le mosse per arrivare. Con El estudiante (2011) aveva messo in scena i primi insegnamenti dei trucchi appresi da un giovane militante, qui siamo a livelli altissimi: i capi di stato di tutti i paesi del latinoamerica sono riuniti per firmare accordi e stabilire alleanze in un hotel a tremila metri nella Cordigliera delle Ande, ospiti del Cile.

ANCHE SE da un punto di vista dell’azione non c’è niente di più asettico di un summit tra capi di stato, qui Ricardo Darín (nel film interpreta il presidente dell’Argentina) illumina con la sua sola presenza e offusca con le sfumature dell’interpretazione tutte le ombre oscure che avvolgono il continente, le divisioni secolari, gli accordi raramente firmati tra paesi, le rivalità latenti o esplicite, la pesante influenza degli Stati Uniti, con tutte le ferite delle dittature e le recenti crisi devastanti. Su tutto questo cala la calma silenziosa delle Ande a rendere ancora più piccoli gli uomini con i loro problemi.

UN MATERIALE veramente esplosivo che Santiago Mitre ha saputo con grande abilità raccontare attraverso la calma serafica espressa dal grande attore che mette in scena un «uomo qualunque» dal cognome qualunque e rassicurante (Blanco) arrivato alla massima carica dello stato certo non con la sola forza della sua tranquillità.

L’intreccio è tanto più incisivo in quanto attraverso i discorsi dei presidenti si possono filtrare con secca ironia quelli dei protagonisti della politica attuale e, attraverso gli imprevisti che colpiscono la famiglia del presidente, i casi di corruzione che hanno fatto parlare le cronache per aver toccato indirettamente anche le figure più limpide in vari paesi. Accanto a un Riccardo Darín angelico e diabolico al tempo stesso compaiono altri grandi nomi del cinema latino come il cileno Alfredo Castro che ha impersonato per Pablo Larrain le voragini tenebrose della dittatura (e le suggerisce qui sottilmente nel suo tentativo di riportare a galla una memoria spezzata), Paulina Garcia (la Gloria di Sebastian Lelio), Dolores Fonzi (la Paulina di Mitre). A tutti è stata tolta la magnifica voce, col doppiaggio.

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