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Le occupazioni in quarantena: solidarietà per sopravvivere

Le occupazioni in quarantena: solidarietà per sopravvivereBambini all'interno del palazzo occupati in via del Caravaggio – La Presse

Movimenti Tempesta, Caravaggio, Casal Boccone e gli altri palazzi occupati della capitale fanno di necessità virtù. Da queste parti la capacità di autorganizzarsi torna utile per fronteggiare l'epidemia. Ma il rischio è dietro l'angolo: l'esclusione dalle misure economiche varate del governo per precari e disoccupati

Pubblicato più di 4 anni faEdizione del 19 marzo 2020

Anche nelle occupazioni romane gli effetti dell’epidemia hanno trasformato improvvisamente la vita quotidiana. I centri sociali hanno sospeso ogni attività in presenza da quasi due settimane, mantenendo attivi solo i servizi autorganizzati di sostegno a donne, migranti e lavoratori in forma telematica. Nelle occupazioni abitative, invece, le assemblee hanno stabilito come limitare i rischi di contagio e far fronte collettivamente alle difficoltà imposte dalla nuova situazione. Soprattutto in edifici in cui abitano centinaia di persone.

«FORSE IN QUESTO CASO stiamo meglio di tanti altri perché siamo abituati ad autorganizzarci», racconta Peppe, che vive nel palazzo occupato di via Tempesta, quartiere di Tor Pignattara. È la casa di 23 nuclei familiari. «Qui c’era tanta solidarietà anche prima, figurarsi adesso. Aiutiamo chi è più in difficoltà e abbiamo deciso che si entra e si esce solo per cibo e medicine».

«SIAMO PREOCCUPATI ma evitiamo il panico», racconta Anna Sabatini, da via del Caravaggio, dove vivono 140 famiglie. «Cerchiamo di stare molto attenti – continua – Per fare la spesa si esce con la mascherina. I bambini purtroppo non possono giocare insieme. Siamo tutti chiusi dentro». Il palazzo situato nel quartiere di Tor Marancia era in cima alla lista degli sgomberi che l’ex ministro Matteo Salvini avrebbe voluto realizzare. Adesso sono sospesi fino al 30 giugno ed è sospeso anche il rischio costante di distacchi di acqua e luce. In standby, però, è finita anche la trattativa con la Regione, che sembrava sulla giusta strada per trovare una soluzione al problema abitativo attraverso l’assegnazione di alloggi.

 

Anna Sabatini nell’occupazione di via del Caravaggio (agosto 2019), foto di Costanza Fraia

OLTRE LE QUESTIONI relative alla prevenzione del contagio, ci sono gravi problematiche economiche che iniziano a fare capolino. Chi per avere una casa è stato costretto a occupare vive condizioni di forte precarietà già normalmente. Con l’emergenza le cose stanno peggiorando in fretta. «Sto tornando a casa, oggi ho lavorato – racconta Madalina Gavrilescu, sul bus diretto a via di Casal Boccone – Sono impiegata in una ditta di pulizie. Ho un contratto part-time e mi pagano a ore. Da una settimana ormai lavoro a chiamata. Dalla prossima consegneremo gli ultimi locali puliti, ma ormai chiusi. Dopo rimarrò senza stipendio». Nella sua occupazione, periferia nord-est della capitale, vivono 140 famiglie.

«SIAMO FORTUNATI perché non dobbiamo pagare l’affitto, altrimenti non so cosa sarebbe accaduto – continua Gavrilescu – Qui le persone non hanno risparmi da parte. Sono precarie, lavorano saltuariamente come badanti, con le bancarelle o nella ristorazione. Molte sono impiegate in nero e rischiano di essere escluse dalle misure economiche varate dal governo».

CIÒ CHE POTREBBE ACCADERE tra le persone che vivono nelle occupazioni abitative è solo il riflesso estremo di una condizione molto più diffusa nel Paese. Se l’isolamento continuasse anche oltre il 3 aprile, le possibilità di sopravvivenza di un’ampia fetta della popolazione sarebbero seriamente compromesse. Per tutelare tutti servono misure economiche veramente universalistiche. Finora, solo la proposta del «reddito di quarantena» sembra in grado di affrontare il problema in questi termini.

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