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«Le Monde», la direttrice se ne va

«Le Monde», la direttrice se ne vaNathalie Nougayrède

Media in crisi Nathalie Nougayrède, direttrice di «Le Monde» annuncia le sue dimissioni. Era stata contestata dalla redazione nelle sue scelte editoriali, ma si sospetta anche l'intervento dei tre azionisti

Pubblicato più di 10 anni faEdizione del 15 maggio 2014

Con una mail, Nathalie Nougayrède ha annunciato alla redazione le dimissioni da direttrice del quotidiano Le Monde, «non avendo più i mezzi per assicurarne la guida con compiutezza e serenità». Nathalie Nougayrède, 47 anni, era stata eletta poco più di un anno fa, con quasi l’80% dei voti dei redattori, alla successione di Erik Izraelewicz, deceduto improvvisamente. In pochi mesi, la fiducia era venuta meno: era stata accusata di esercitare il potere in modo solitario e di «navigare a vista» nelle scelte strategiche. Crisi della stampa, che colpisce anche il quotidiano «di riferimento» francese, pressioni degli azionisti, difficoltà nella realizzazione della svolta digitale: l’ormai ex direttrice ha denunciato «la volontà di alcuni membri di Le Monde di ridurre drasticamente le prerogative del direttore». L’ultimo episodio che ha fatto esplodere il malcontento della redazione è stata la decisione della direzione di spostare una cinquantina di persone dal giornale di carta all’edizione digitale. La settimana scorsa si erano dimessi sette capiredattori su undici. La contestazione ha riguardato anche la linea editoriale: erano state soppresse alcune rubriche, una scelta che per molti redattori equivaleva a una svolta nella posizione politica del quotidiano, dove avrebbe dovuto avere maggiore spazio l’informazione economica.

Dietro le polemiche sugli spostamenti interni, è emerso il sospetto di una presenza troppo pesante dei tre principali azionisti, gli uomini d’affari Pierre Bergé, Mathieu Pigasse e Xavier Niel, quest’ultimo proprietario di Free (operatore di accesso Internet), che ha così riassunto la sua idea di azionista: «quando dei giornalisti mi danno fastidio, io acquisto una quota del loro giornale e mi lasciano in pace».

La stampa francese sta attraversando un periodo di tempesta, che non riguarda solo Le Monde. Il quotidiano Libération è in piena crisi. Anche qui, dimissioni del direttore, abbandono della carica da parte del capo-redattore e contestazione crescente verso il comportamento del principale azionista, l’immobiliarista Bruno Ledoux, che ha in testa l’idea di utilizzare la testata del quotidiano come una «marca», trasformando la storica sede vicino a place de la République (di cui è proprietario) in un centro gastronomico-culturale, il caffè «Flore del XXI secolo», con ristorante e spazi di incontri, spostando la redazione in periferia. Un nuovo azionista per Libération sta avanzando nell’ombra: si tratta dell’uomo d’affari franco-israeliano Patrick Drahi, che controlla Numéricable (operatore tv e accesso a Internet) e che mira all’acquisizione del concorrente Sfr, con una società di diritto lussemburghese (per vantaggi fiscali). Drahi potrebbe versare 18 milioni di euro per far uscire Libération dalla crisi, ma la redazione è più che perplessa di fronte a una manovra che contraddice la necessità di fare della stampa «una casa di vetro», come indicato dal Consiglio nazionale della Resistenza nel 1944.

È sulla base di questa necessità – e per garantire il pluralismo dell’informazione – che in Francia continuano ad esistere gli aiuti di stato. Si tratta di cifre consistenti, destinate a finanziare la modernizzazione delle testate e la diffusione. Le Monde nel 2013 ha ricevuto un contributo pubblico di 16 milioni di euro, Libération di 9,8. Più di duecento testate ne beneficiano, da Le Figaro (16 milioni) fino a L’Equipe (3,4), L’Humanité (6,8) o il quotidiano economico Les Echos (4). A Parigi, il comune ha contribuito alla sopravvivenza delle edicole.

 

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