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Le misure anti Covid diminuiscono per tutti, tranne per le navi delle Ong

Le misure anti Covid diminuiscono per tutti, tranne per le navi delle OngLa Sea-Watch 4 durante l'ultima missione – Sea-Watch

Mediterraneo L'equipaggio della Sea-Watch 4 di nuovo in quarantena per 14 giorni. Più dei migranti soccorsi

Pubblicato più di 3 anni faEdizione del 6 maggio 2021

L’Italia pian piano riapre, riduce i giorni di quarantena, si prepara a ricevere turisti con il «green pass», ma per qualcuno le restrizioni più rigide continuano a rimanere in vigore. L’equipaggio della Sea-Watch 4 dovrà trascorrere a bordo della nave 14 giorni di isolamento sanitario, nonostante nessuno dei suoi 29 membri né dei 455 migranti soccorsi nell’ultima missione sia risultato positivo al coronavirus. Tutti sono stati sottoposti a tamponi antigenici tra ieri e l’altro ieri nel porto di Trapani. La quarantena è stata disposta dalla locale unità dell’Ufficio di sanità marittima, aerea e di frontiera (Usmaf) siciliano. Un ufficio periferico del ministero della Salute di Roberto Speranza (LeU).

I migranti adulti sono stati trasferiti sulla nave quarantena Gnv Splendid e, fanno sapere dalla Croce rossa, ci resteranno per 10 giorni. Idem per i 194 minori non accompagnati, che però li trascorreranno a terra. L’ordinanza del ministero della Salute del 16 aprile prevede che chi arriva da paesi del gruppo E, tra cui c’è la Libia, deve rimanere in isolamento per 10 giorni, con tampone all’inizio e alla fine.

Per l’equipaggio, invece, la quarantena resta di due settimane. Le Ong sono l’unico caso in cui le eccezioni che i vari Dpcm hanno previsto per «equipaggi e personale viaggiante» di qualsiasi mezzo, dagli aerei alle navi, non hanno avuto applicazione. E la discriminante non sono i soccorsi: quando li hanno compiuti imbarcazioni commerciali non è stato disposto alcun isolamento per il personale di bordo, nemmeno se tra i naufraghi sono emersi casi di coronavirus (per esempio: sbarco dell’AssoTrenta a Porto Empedocle il 22 febbraio, 273 migranti di cui 50 positivi).

Il sito del ministero della Salute

Prima di salire a bordo i 29 membri dell’equipaggio della Sea-Watch 4 hanno osservato una rigida quarantena e poi si sono sottoposti a tampone molecolare. Sono partiti dalla Spagna, paese del «gruppo C» che prevede solo cinque giorni di quarantena, e non hanno avuto contatti con positivi. Comunque, non vengono loro riconosciute le eccezioni riservate agli altri equipaggi e sono messi in quarantena per 14 giorni, a differenza di tutti coloro che arrivano da qualsiasi paese al mondo (incluso Brasile, India, Sri Lanka e Bangladesh, verso cui sono in vigore le misure più restrittive). La decisione del fermo prolungato verrebbe dagli uffici del ministero della salute. Nel «calcolo del rischio» non si vuole neanche tenere conto di un altro dato: finora negli equipaggi delle Ong nessuno è stato contagiato dal coronavirus, neanche quando tra i migranti soccorsi c’erano molti positivi. Segno che i protocolli sanitari adottati a bordo funzionano.

Così nell’ultimo anno queste «quarantene selettive» hanno contribuito al meccanismo ormai rodato di continui ostacoli alle missioni umanitarie in mare, il cui centro sono i fermi amministrativi che tra 2020 e 2021 hanno colpito tutte le sei navi attive (alcune anche due volte). Al momento nella zona Sar dove avvengono la maggior parte dei naufragi non ci sono Ong. Solo nei prossimi giorni dovrebbe ripartire la Aita Mari e iniziare la sua prima missione la Sea-Eye 4.

In un mare in cui mancano, o sono presenti col contagocce, assetti dedicati alla ricerca e al soccorso crescono i naufragi e il tasso di mortalità delle traversate. La portavoce di Unhcr Italia Carlotta Sami ha denunciato martedì, proprio dal porto di Trapani dove ha assistito allo sbarco dei minori dalla Sea-Watch 4, che nel 2021 lungo la rotta del Mediterraneo centrale hanno perso la vita 500 migranti. Nello stesso periodo del 2020 erano stati 150, meno di un terzo.

Il ricercatore dell’Istituto per gli studi di politica internazionale (Ispi) Matteo Villa ha invece mostrato che nei primi quattro mesi di quest’anno il rischio di morte in mare per chi fugge dalla Libia «non è mai stato così alto dalla fine della “strategia Salvini”». Quando al Viminale c’era il leader leghista sono annegati il 5,7% dei migranti tra giugno e dicembre 2018 e il 6,7% tra gennaio e agosto 2019. Con l’arrivo di Luciana Lamorgese la percentuale era scesa all’1,7% tra settembre 2019 e dicembre 2020. Da gennaio è più che raddoppiata, risalendo al 3,7%.

Dal profilo twitter di Matteo Villa

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