Le missioni della politica e della scienza
In una parola La rubrica a cura di Alberto Leiss
In una parola La rubrica a cura di Alberto Leiss
Gli “ori” agli atleti italiani a Tokyo hanno per un momento di buon umore guadagnato la prima pagina di qualche quotidiano. La Stampa è uscita con una copertina intitolata “Gli Dei dell’Olimpo” sopra le foto di Jacobs e di Tamberi. Ma voltata la pagina ecco riaffiorare i distinguo di Conte a Draghi (“… ora ci ascolti”) e la polemica di Massimo Cacciari contro lo “stato di emergenza”. Con il rischio che la pandemia – dopo le forzature giuridiche prodotte dal conflitto con il terrorismo e sul fronte dell’immigrazione – aiuti ora la trasformazione della democrazia in un regime autoritario.
Tuttavia, se è opportuna una critica radicale – persino se non del tutto condivisibile – nel momento in cui si “rischia di affogare in un mare di assertività”(come scrive Letizia Paolozzi su DeA) forse le involuzioni antidemocratiche non si combattono efficacemente tanto in punta di diritto, quanto afferrando il senso comune che orienta – o anzi disorienta – le persone rese dubbiose, impuarite, arrabbiate, o fanatizzate, anche per responsabilità dei comportamenti di chi dovrebbe convincere e rassicurare: la politica e la scienza.
Farò pubblicità, rischiando un (piccolo?) conflitto di interessi, all’ultimo numero della rivista Critica Marxista, dove il tema è affrontato da Aldo Tortorella, a proposito delle missioni della politica e della scienza, e dallo storico della medicina Bernardino Fantini, con una ampia ricostruzione dell’invenzione e dell’utilizzo (e delle contestazioni) dei vaccini, sino alla situazione attuale con il Covid 19.
Missione deriva dal latino mittere, mandare, e indica le persone inviate a risolvere importanti questioni politiche e statali, ma anche religiose. I missionari cattolici per secoli hanno annunciato il Vangelo in tutto il mondo, in non pochi casi contraddicendo terribilmente il senso delle parole di Gesù.
Una missione dunque indica che si rappresenta qualcuno che “ci manda”, e che questa funzione può caricarsi di una dimensione etica molto forte, prossima alla religione. A nome di chi parla la politica, quando insiste – per esempio – che il bene comune richiederebbe a tutti di vaccinarsi?
Se, mettiamo il caso, dimentica di comprendere in questi tutti quella enorme maggioranza dell’umanità che vive (sopravvive quando non muore) nei paesi più poveri, quale credibilità possiamo riconoscere a questo monito? Tanto più quando viene da partiti che si autodefiniscono di sinistra o progressisti?
Alla scienza si deve riconoscere la libertà e la sincerità di manifestare opinioni differenti (le verità scientifiche non sono dogmi religiosi o metafisici, anzi possono e devono essere “falsificabili”, cioè superabili dalle nuove conoscenze a cui approda la scienza stessa). Tuttavia gli eccessi di confusione mediatica sono un malcostume insopportabile. Ma soprattutto nel mondo capitalistico troppo spesso non è chiaro “chi manda” la scienza e gli scienziati: è l’interesse di tutte le persone a una buona e magari migliore esistenza, o sono i profitti della grandi aziende farmaceutiche?
La storia dei vaccini scritta da Fantini si conclude sulla necessità ormai improcrastinabile di un “governo mondiale della sanità” al quale dovrebbero tendere cooperando tutti gli stati e tutte le istituzioni scientifiche.
Vediamo bene che non è così. Non sarà questa la prima causa della diffidenza verso coloro che, in ambito politico e scientifico, gestiscono il potere?
(Gli articoli di Tortorella e Fantini sono sul sito di Critica Marxista. Chi la compra può anche leggere un inedito di Gramsci – commentato da Liguori e Terekhova – sul fascismo nel 1922. Ma la cosa migliore è abbonarsi!)
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