Fuori dai contesti modaioli, Raphael Gualazzi vive in un mondo dove la musica si arrricchisce di mille sapori. Anche se la sua passione innata vira verso il jazz e soprattutto il soul, non si è mai tirato indietro quando si è trattato di muoversi in territori diversi. Il nuovo album, Bar del Sole (Sugar Music), che arriva poco più di due anni dopo Carioca presentato a Sanremo 2020, è in realtà una raccolta di dieci tracce portate al successo fra i sessanta, i settanta e gli ottanta dal meglio del cantautorato italiano. E non solo. Lo spunto è legato al percorso personale, il baretto di provincia meta di incontri studenteschi e anche varie umanità, e dove Gualazzi ha mosso i primi passi a Urbino: «È una parte della mia vita che non ho mai rivelato perché da quando avevo 9 anni ho cominciato ad ascoltare Ray Charles , il jazz, il blues e tutta la musica che deriva dalla cultura afroamericana. Ma i miei genitori – io sono del 1981 – ascoltavano un sacco di cantautori italiani – Cocciante, Venditti, Bertoli piuttosto che Dalla, De Gregori». Compreso Ivan Graziani, dal suo repertorio riprende Pigro: «Mio padre Velio suonava come batterista nel suo gruppo», e ospita alla voce il figlio del cantautore scomparso nel 1997, Filippo.

«È una parte della mia vita che non ho mai rivelato perché da quando avevo 9 anni ho cominciato ad ascoltare Ray Charles , il jazz, il blues e tutta la musica che deriva dalla cultura afroamericana».

AD ARRANGIARE l’intero progetto Vittorio Cosma: «Grandissimo, una conoscenza approfondita di quegli anni e unico che poteva immergere le canzoni in atmosfere». Molti ospiti: Trio Bobo, Funk Off, Filippo Timi e Margherita Vicario in duetto con Raphael su Senza paura, di Moraes e Toquinho, testo di Bardotti, reso immortale dall’interpretazione di Ornella Vanoni: «Senza paura ci riporta – sottolinea Raphael – al concetto proprio del coraggio rispetto alle scelte che facciamo nella vita, rispetto all’amore, rispetto alla morte. Nel senso di vivere appieno la nostra esistenza». Immancabile la presenza di Battisti ma con due pezzi non troppo frequentati: Amore caro, amore bello «donata» nel 1971 da Bruno Lauzi: «Capisci subito da quell’introduzione, dal modo di porgere le parole e quel ’sincera’ che è l’ennesima gemma di Battisti». E poi Arrivederci a questa sera, mid tempo estratto da Una giornata uggiosa (1980). Spazio anche per Battiato e alla sua Centro di gravità permanente: «Di lui mi ha sempre affascinato la dicotomia, alto e basso insieme. Questo brano l’ho scelto perché si parla di un centro di gravità permanente e penso che sia quello che noi stiamo cercando in questi tempi angosciosi».