«Le mani bruciate di Lamin chiedono una risposta»
Un ragazzo, uno dei tanti richiedenti asilo o rifugiati, che ogni giorno frequenta la nostra sede per cercare un posto dove stare, un aiuto per ottenere un documento o qualche […]
Un ragazzo, uno dei tanti richiedenti asilo o rifugiati, che ogni giorno frequenta la nostra sede per cercare un posto dove stare, un aiuto per ottenere un documento o qualche […]
Un ragazzo, uno dei tanti richiedenti asilo o rifugiati, che ogni giorno frequenta la nostra sede per cercare un posto dove stare, un aiuto per ottenere un documento o qualche indirizzo buono per cercare lavoro, ha bussato forte alla nostra porta. Aveva ferite, ustioni, piaghe sulla maggior parte del corpo. Era tutto dolorante, si lamentava e non riusciva a fare nulla. Io non c’ero, me lo hanno raccontato.
Me lo ha raccontato Annamaria che lo ha portato subito al pronto soccorso, dove è stato riconosciuto come codice giallo e medicato d’urgenza.
Lamin, questo il suo nome, è un ragazzo gambiano rimasto vittima del rogo dell’accampamento di Borgo Mezzanone, nel foggiano, dove il trenta ottobre è scoppiata una bombola di gas e Badary Secka, un altro ragazzo gambiano, è morto per le ustioni riportate.
Lamin non ha documenti, bruciati anche quelli. Lamin è stato accolto per diverso tempo in un Centro di Accoglienza Straordinaria a Vetralla, vicino Viterbo.
Il 26 Ottobre è uscito dal progetto di accoglienza avendo ottenuto il permesso umanitario, poco più che carta straccia secondo le nuove norme del cosiddetto Decreto Salvini.
Lamin allora è partito per cercare lavoro come bracciante, come tanti fanno, nel foggiano. Ha trovato un posto con altri gambiani a Borgo Mezzanone, nei pressi del Cara, dove ha fatto il bracciante per soli due giorni, Lamin.
La notte del trenta Ottobre c’è stato l’incendio e da allora le sue mani non possono lavorare, non possono stringere altre mani, non gli permettono neanche di essere uno dei tanti sfruttati delle campagne foggiane.
Lamin è stato dimesso dall’ospedale di Brindisi, dopo essere stato in cura al centro grandi ustioni.Senza documenti, senza nessun affetto e con la pelle ustionata.
Lamin ha preso un autobus, ha attraversato mezza Italia ed è tornato nel viterbese, dove forse ha qualche amico, o forse ha sentito in giro che qualcuno poteva aiutarlo.
E oggi è piombato da noi, da Arci Solidarietà Viterbo.
Annamaria ha postato una foto di queste mani sul suo profilo facebook. Non riesco a guardarle. Eppure è l’impotenza che mi ha suscitato questa foto a farmi venire voglia di raccontare questa storia.
Allora ho chiesto a Davide Dormino di disegnarle e dopo 5 minuti lui mi ha mandato su whatsapp un disegno (che pubblichiamo qui accanto, ndr) tutto bruciato di matite e acquerelli.
Queste mani incrociate ci interrogano su ciò che non stiamo facendo.
Su come pensiamo di sopravvivere ad un decreto che sta incendiando il paese di odio. Quelle mani stanno lì ad aspettare qualcosa, un segnale, un aiuto, una reazione.
Mille o diecimila Lamin sono in giro per il nostro paese, sono stati sgomberati e non avranno tutele, nè diritti o un letto su cui dormire stanotte.
Le storie ci piombano dentro casa, ci bussano alla porta sempre più forte. Dobbiamo continuare a raccontarle queste storie che ci esplodono tutte intorno, perché quando passerà questo frastuono potremo dire di averlo sconfitto anche con le nostre mani.
Lamin è stato dimesso dal pronto soccorso.
Per stasera Alou e Tapa, due altri richiedenti asilo, si sono offerti di ospitarlo.
Dai social è nata una gara di solidarietà e ci sono diverse persone che vogliono ospitarlo. Bisognerà ripartire da qui.
*Arci Viterbo
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