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Le mafie a Peña Nieto: i 43 studenti sono vivi

Le mafie a Peña Nieto: i 43 studenti sono viviMessico, manifestazione per gli studenti scomparsi – Reuters

Messico Cresce la rabbia per il massacro di Iguala

Pubblicato circa 10 anni faEdizione del 4 novembre 2014

I 43 studenti messicani- scomparsi il 26 settembre a Iguala dopo la repressione congiunta di polizia e bande criminali – potrebbero essere vivi. Nel fine settimana, i narcotrafficanti dei Guerreros Unidos, accusati della mattanza, hanno fatto trovare un lungo messaggio, scritto su un lenzuolo bianco.

Un messaggio diretto al presidente della repubblica Enrique Peña Nieto in cui sostengono che i ragazzi sono vivi e accusano le autorità di colpevole inadempienza. E accludono una lista di politici collusi con le mafie. Ci consegneremo – scrivono – quando tutti loro verranno arrestati. Intanto, circola in rete un video registrato con un cellulare subito dopo i fatti di Iguala. Gli studenti chiedono inutilmente aiuto e gridano alla polizia: «Non sparete, non abbiamo armi», mentre vedono uccidere i loro compagni.

Il 26 settembre, studenti e maestri delle scuole rurali – istituti di antica tradizione di sinistra radicale – erano in agitazione: contro la discriminazione di cui soffrono e contro le politiche di privatizzazione della scuola pubblica portate avanti dal neoliberista Nieto. Gli autobus su cui circolavano sono stati aggrediti da polizia e individui pesantemente armati, i quali hanno poi attaccato anche un pullman di calciatori di ritorno dallo stadio. Quel giorno, il bilancio è stato di 6 ragazzi uccisi (uno dei quali con segni di tortura), 25 feriti e 43 scomparsi.

Le testimonianze dei cittadini e le telecamere di sicurezza hanno portato all’arresto di 22 poliziotti e di diversi narcotrafficanti dei Guerreros unidos. Le confessioni di alcuni pentiti e le indagini delle brigate di autodifesa comunitaria hanno consentito poi la scoperta di 12 fosse comuni contenenti 28 cadaveri carbonizzati, resti di materiale didattico e zainetti. Secondo le testimonianze dei pentiti, almeno un gruppo di 17 studenti è stato consegnato dalla polizia ai narcotrafficanti, che li hanno uccisi e bruciati: credendoli appartenenti a una banda rivale, hanno poi sostenuto i Guerreros Unidos.

L’esame dei resti bruciati ha apparentemente escluso la presenza degli studenti fra i cadaveri. Le associazioni dei familiari contestano però l’imparzialità delle indagini disposte dalle autorità locali. E hanno nominato una commissione di antropologi forensi proveniente dall’Argentina, denunciando a più riprese il boicottaggio esercitato nei loro confronti dagli esperti istituzionali. Nel frattempo, è ricercato l’ex sindaco di Iguala e il governatore del Guerrero, in fuga e sostituito a interim. Intanto, continuano le manifestazioni previste per tutta la settimana.

Domenica papa Francesco ha «pregato» a San Pietro per gli scomparsi di Iguala. Un caso che interroga anche il nordamerica, grande sostenitore delle politiche neoliberiste in Messico. Una sessantina di persone ha organizzato una veglia davanti alla Casa Bianca. Qualche giorno fa, Barack Obama ha definito «inquietanti» i fatti accaduti nel Guerrero, uno stato in cui più è incancrenito l’intreccio di mafia e politica vigente in Messico.

E un articolo del New Yorker prevede «un grande tumulto sociale» qualora si appurasse che gli studenti sono stati uccisi. I messicani – scrive la rivista Usa – anestetizzati da anni di episodi di violenza nel paese ora sono indignati per ciò che è accaduto quella tragica notte di settembre in cui sono emersi come mai prima i legami esistenti tra le autorità locali più corrotte e i politici di governo a livello nazionale.

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