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Le lacrime di Monteruscello

Le lacrime di MonteruscelloUn'immagine dei funerali delle vittime dell'incidente di Monteforte Irpino ieri a Pozzuoli

Sprofondo sud A Pozzuoli i funerali delle 38 vittime del bus. Arrivano Letta, Epifani, Boldrini

Pubblicato più di 11 anni faEdizione del 31 luglio 2013

Il palazzetto dello sport di Monteruscello a Pozzuoli era gremito ieri mattina per i funerali delle 38 vittime dell’incidente di Monteforte Irpino, morte sul pullman granturismo di ritorno domenica da una gita a Telese Terme. Le bare allineate sul parquet, fotografie, sciarpe del Napoli, fiori e i parenti in lacrime di fronte a interi nuclei familiari distrutti dallo schianto. Commozione e caldo hanno provocato una catena di malori, ma non c’è troppo tempo per fermarsi a piangere: ci sono ancora una decina di feriti disseminati negli ospedali dei capoluoghi campani a cui pensare, ci sono famiglie che non hanno più reddito. Il sindaco di Pozzuoli e il governo promettono sostegno, ai funerali sono arrivati il presidente del consiglio Enrico Letta, la presidente della Camera Laura Boldrini, il ministro campano Nunzia De Girolamo e il segretario del Pd Guglielmo Epifani. La nazionale di nuoto ieri ai mondiali di Barcellona ha gareggiato con il lutto al braccio. Tutta la comunità di Monteruscello e del rione Traiano ha condiviso il dolore.
Migliorano le condizioni di tre dei sei ricoverati al Moscati di Avellino, dovrebbero tornare a casa nei prossimi giorni. A loro potrebbe aggiungersi Annalisa Caiazzo, il cui trauma al volto non desta preoccupazioni. In prognosi riservata Lucia Sena e Clorinda Iaccarino: quest’ultima ha perso il marito e una delle due figlie. Grave anche una ragazza al Loreto Mare di Napoli e un 54enne di Pozzuoli assistito al Ruggi d’Aragona di Salerno. I cinque bambini sono ancora al Santobono: critiche le condizioni di Francesca, tre anni, e Cristoforo, due anni e mezzo. Gli altri tre hanno riportato fratture alla mandibola, alla tibia e allo zigomo.
I filoni di indagine sono tre: verifica strutturale delle condizioni del viadotto e dei sistemi di protezione in loco che, secondo i tecnici, reggono l’urto fino 65 chilometri all’ora; accertamento dell’idoneità del bus del 1995, reimmatricolato nel 2008 e revisionato nel marzo scorso; condizioni psicofisiche del conducente. Cinque le persone iscritte nel registro degli indagati per omicidio colposo plurimo e disastro colposo, ma la procura non ha ancora diffuso i nomi. Acquisite le registrazioni delle telecamere sul tratto interessato dall’incidente, cominciato due km prima del volo di 30 metri dal viadotto di Acqualonga.
Le testimonianze potrebbero chiarire la dinamica. «Stavamo cercando di sorpassare il pullman a circa 90 chilometri orari. Abbiamo desistito perché c’è stato un rumore fortissimo, quasi uno scoppio, e abbiamo visto volare dei pezzi» racconta Francesca, avvocato trentenne di Avellino. Era accanto alla sua amica Alessandra che guidava una Lancia Y domenica sera. «Il pullman procedeva a una velocità normale – prosegue – noi abbiamo accelerato un po’ per il sorpasso quando abbiamo visto volare pezzi dal pullman. Abbiamo rallentato perché stavamo per essere schiacciate dalla coda che già stava di traverso rispetto alla carreggiata». Il mezzo prende velocità: «Sembrava una scheggia, sbandava da destra a sinistra e da sinistra a destra, cercando di evitare le macchine». I tecnici dovranno accertare se i pezzi trovati sono parte della trasmissione del motore del bus: la sua rottura fa cessare il collegamento tra motore e ruote rendendo impossibile frenare. L’albero di trasmissione potrebbe anche aver tranciato il tubo che porta l’aria ai freni. In queste condizioni, l’autista si sarebbe trovato senza freni e senza freno motore.
Autostrade per l’Italia ha spiegato in una nota che il luogo dell’incidente è protetto da barriere laterali tipo New Jersey «concepite per ammortizzare gli urti delle autovetture. Per tale motivo non sono costruite con muro rigido (l’unico idoneo a resistere a tutti gli urti) ma con elementi collegati appoggiati alla pavimentazione e fissati ad essa con perni, che devono permettere lo sganciamento di qualche elemento in caso di urti particolarmente forti». Se lo scontro coinvolge mezzi pesanti le barriere resistono «solo entro certe angolazioni di impatto ed entro certi limiti di velocità, una maggiore rigidità sarebbe molto pericolosa per gli automobilisti in caso di urto violento».

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