Le indagini di Walter Veltroni
Al cinema Il 22, 23 e 24 maggio nelle sale il film - prodotto da Sky e Palomar - in cui il regista unisce testimonianze di tantissime persone sul significato della parola felicità
Al cinema Il 22, 23 e 24 maggio nelle sale il film - prodotto da Sky e Palomar - in cui il regista unisce testimonianze di tantissime persone sul significato della parola felicità
Walter Veltroni è incontenibile, ormai sforna un film dopo l’altro, inframmezzati da qualche libro. Questa volta, con la complicità produttiva di Sky e Palomar (al cinema con Nexo il 22, 23 e 24 maggio) ha deciso di raccontare la felicità, anzi Indizi di felicità come recita il titolo, meglio ancora sono tantissime persone chiamate a raccontare o rivivere momenti di felicità e spesso ci scappano le lacrime di commozione. Dopo la dedica a Ettore (Scola) un giovinotto angloparlante in metro di rivolge ai passeggeri con parole dolci e li invita a gustare un pizzico di improbabile serenità cantando Over the Rainbow, fornendo il testo. E il microscopico miracolo si compie, in molti sorridono. Alla bizzarria? Al testo che parla di sogni che diventano veri? Poco importa, l’importante è che sorridano.
Gia perché in questo mondo c’è poco da ridere e lo ricorda la lunga carrellata iniziale di tragedie recenti: le due torri, Saddam, Madrid, la strage di ragazzi in Norvegia, il lunedì nero, Gheddafi, la Grecia, il Papa che si dimette, Charlie Hebdo, la Turchia, il Bataclan, Nizza, i bimbi bombardati e impauriti, il terremoto con un piccolo finale di speranza che arriva dalla bimba estratta ancora viva. Una premessa dura che fa da prologo alle molte interviste che seguono fatte a gente «normale» che ha vissuto momenti particolari. Non prima che un rabbino ci racconti come, in lingua ebraica, l’etimologia di felicità e viaggio abbiano origini comuni. Non importa il raggiungimento della meta, ma il percorso, gli incontri, gli inciampi, ma anche le sorprese.
Ecco quindi i racconti di una coppia di macellai vegani dal passato quasi hippy ma con un figlio cerebroleso, un seminarista seguace di don Gallo assiduo della curva sampdoriana, surfisti fuggiti dalla moda, ex malati di tumore, ex ciclisti, ex impiegati comunali, ex lavoratori del cinema, ma come tecnici (e si scoprono curiosità su Fellini, La strada e Zampanò) e ancora migranti, fisici, monaci, deltaplanisti, sbandati redenti (che hanno visto troppe giovanissime vite stroncate), staffette partigiane, testimoni dell’11 settembre, montanari sfrattati dal mondo. Ma il momento più forte e prepotente viene da Sami Modiano che rievoca Auschwitz Birkenau, la sorella, il babbo e quel numero indelebile sul braccio che, da marchio odioso diventa punto di forza per ritrovare coraggio. E bisogna riconoscere che il Walter ha saputo emozionare, seppure attraverso le storie degli altri. Perché poi, alla fine, è quanto chiediamo al cinema: emozioni, momenti capaci di lasciare segni.
E lì è anche il terreno dove affiorano le domande. Dove le ha trovate alcune storie? Quante ne ha scartate in montaggio? Perché alcuni momenti sono stati invece inseriti? (Per Elisa suonata maldestramente dall’ultranovantenne Ubaldina stringe il cuore, fa male, mentre ancora si vibra quando lei racconta il primo bacio con Nedo).
Certo, molto è legato alla memoria, alla gioventù, come scriveva Epicuro e Meneceo, ricordato da Walter Veltroni nel materiale che accompagna il film, ma è anche vero che la felicità è qualcosa che non esiste se non è condivisa e alla fine, nella sua semplicità, forse questa è la cosa più importante.
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