Economia

Le imprese meno sostenibili sono quelle della «gig economy»

Le imprese meno sostenibili sono quelle della «gig economy»I rider di Foodora protagonisti dei nuovi conflitti nel mondo della «gig economy» – LaPresse

Open corporation La classifica sindacale su rispetto dei diritti, ambiente e accessibilità vede ultime aziende come Uber, Foodora e Airbnb. Tra le prime dieci Unicredit, Enel e Autogrill. Il progetto Ue è coordinato dalla Filcams Cgil

Pubblicato quasi 7 anni faEdizione del 19 novembre 2017
Antonio SciottoINVIATO A BRUXELLES

Air France risulta al primo posto per l’accessibilità alle persone disabili, Philips per rispetto dell’ambiente, Pirelli per le condizioni di lavoro, Philip Morris per la tutela delle diversità. Il bilancio dei primi due anni di Open Corporation – progetto del sindacato europeo finanziato dalla Ue – è la classifica della «sostenibilità» di 200 multinazionali.

La capofila dello studio – l’italiana Filcams Cgil – ha sondato insieme a ricercatori ed esperti parametri come la trasparenza delle informazioni e dei bilanci, il rapporto con il territorio e le comunità locali, il dialogo sociale e l’applicazione dei contratti, la sicurezza dei dipendenti: in alcuni casi anche con il feedback delle stesse aziende, chiamate a collaborare e ad autovalutarsi. I dati e le relative graduatorie vengono caricati periodicamente sul sito opencorporation.org e il materiale è così a disposizione di tutti i cittadini e consumatori.

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IL RANKING GENERALE – quello che unisce tutti i parametri utilizzati – premia al primo posto Unicredit, seguita da Enel e Air France-Klm. In fondo alla classifica le multinazionali emergenti negli ultimi anni, quelle della cosiddetta gig economy: oltre al colosso della grande distribuzione Lidl compaiono infatti aziende del web come Amazon, Foodora, Uber, Airbnb e Deliveroo.

I 200 questionari – 131 domande per 516 informazioni – sono stati compilati in una prima fase dallo stesso sindacato con i dati disponibili e accessibili e tutti, e poi rigirati alle multinazionali perché potessero rispondere a propria volta. Ma per il momento le imprese che hanno aderito sono soltanto sedici.

«C’è una grande difficoltà anche solo nell’entrare in contatto con le grandi corporation – spiega Gabriele Guglielmi, che per la Filcams Cgil coordina il progetto – Abbiamo scritto centinaia di lettere cartacee e email, ma poi ti rispondono in poche. Noi continueremo ad affinare il ranking anche nei prossimi anni, grazie a due nuovi progetti europei, e speriamo che sempre più multinazionali ci rispondano: il nostro sogno è che siano le stesse aziende un giorno a bussarci alla porta e a chiedere di essere valutate».

ALLA PRESENTAZIONE delle graduatorie, nella sede della Confederazione europea dei sindacati di Bruxelles, erano presenti tre multinazionali – Enel, Adecco (settima in classifica generale) e Autogrill – che hanno detto la loro sul ranking.

Per Cristina Cofacci, Risorse umane e relazioni industriali di Enel (azienda risultata prima per dialogo sociale), «tenuto conto che si tratta di un indice sindacale, è importante partecipare per confermare un profilo di azienda sostenibile e che si relaziona con i soggetti collettivi».

Autogrill, decima nella classifica generale, spiega che «è già il secondo anno che compiliamo il questionario e partecipare ci permette anche un confronto con le altre imprese, ci fa capire in che direzione vanno nei diversi parametri del ranking; inoltre, grazie a queste classifiche, abbiamo modo di capire anno per anno se ci sono stati miglioramenti o peggioramenti, e dove ci sono margini di miglioramento possiamo attivarci».

 

CHIARAMENTE MOLTI problemi restano aperti nelle valutazioni: le multinazionali adottano ad esempio diversi comportamenti a seconda dei paesi in cui operano. È così che dove sono in vigore legislazioni più restrittive sull’ambiente, o sul lavoro e l’applicazione dei contratti, sarà più facile ottenere risultati più alti, mentre i voti precipitano dove le maglie sono più larghe e l’agibilità dei sindacati e dell’associazionismo è più complicata.

L’inclusività risulta così uno dei parametri più preziosi: non solo il dialogo con il sindacato, la firma di accordi e contratti, ma anche la capacità delle aziende di rendere accessibili i propri ambienti e servizi ai disabili, o a chi ha differenti abitudini alimentari o intolleranze, a chi professa una religione o ha un diverso orientamento sessuale.

Adibire le mense aziendali per non escludere nessuno, organizzare i consumi nell’ottica del risparmio e del rispetto ambientale – dalle scelte sulla carta alla selezione delle lampadine a basso consumo – la tutela delle differenze di genere e delle persone Lgbti, sono tutti elementi che entrano nel ranking sindacale di Open corporation e che permettono ogni anno di affinarne le classifiche.

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