Le esalazioni uccidono una famiglia alla Solfatara
Pozzuoli Morti un bambino e i suoi due genitori, sopravvive solo un altro figlio della coppia. L’area gestita da una società privata: polemiche sugli accessi alle zone a rischio
Pozzuoli Morti un bambino e i suoi due genitori, sopravvive solo un altro figlio della coppia. L’area gestita da una società privata: polemiche sugli accessi alle zone a rischio
Gli ultimi giorni di vacanza, prima del ritorno dei figli a scuola, sono stati fatali per una famiglia in gita alla Solfatara di Pozzuoli, nei Campi Flegrei: Tiziana Zaramella, il marito Massimiliano Carrer e il figlio di 11 anni, Lorenzo, sono morti ieri mentre l’altro figlio di 7 anni, Alessio, unico sopravvissuto, ha assistito alla tragedia. Secondo le prime ricostruzioni, intorno a mezzogiorno Lorenzo si sarebbe spinto oltre le recinzioni che delimitano il percorso turistico al vulcano attivo, finendo nella zona interdetta ai visitatori: i genitori sarebbero corsi a recuperarlo e tutti e tre sarebbero precipitati in una voragine di circa 2 metri e mezzo, finendo nel fango bollente.
L’AUTOPSIA ACCERTERÀ se la morte sia sopravvenuta per la caduta o per le esalazioni. Dall’area, indicata come la Fangaia, salgono in superficie diverse varietà di gas come acido solfidrico, ossido di azoto e metano ma la cavità potrebbe aver incamerato anidride carbonica, con effetti letali per la famiglia di turisti.
L’attività vulcanica è monitorata dall’Istituto nazionale di geologia e vulcanologia attraverso sei stazioni geofisiche e geotermiche ma la Solfatara è proprietà di privati: si accede dopo aver pagato il biglietto ed è gestita dalla Vulcano Solfatara srl, che offre anche visite guidate e notturne, oltre all’area camping.
I PERCORSI SONO delimitati da uno steccato in legno che separa le zone off limits da quelle accessibili, i cartelli avvisano dei pericoli a cui si va incontro, l’aria è pregna del forte odore di zolfo che risale dal terreno. Alla Fangaia, dove è avvenuta la tragedia, c’era già una voragine: il terreno in quell’area ha un basso coefficiente di solidità, probabilmente le piogge recenti lo hanno reso ancora più instabile. Terra, acqua e vapori si mescolano a sostanze come boro, sodio, magnesio, vanadio, arsenico producendo fango termale. A poche centinaia di metri sotto il suolo si raggiungono temperature fra i 170 e i 250 gradi.
LA FAMIGLIA DECEDUTA viveva a Meolo, in Veneto, l’unico sopravvissuto è Alessio: è stato lui a urlare allertando turisti e personale. I soccorsi sono arrivati rapidamente, il vicino ospedale de La Schiana ha inviato un’ambulanza con medico a bordo ma non c’era più nulla da fare. I corpi sono stati recuperati dai Vigili del fuoco, il ragazzo affidato agli assistenti sociali e a una psicologa, attivati dal comune di Pozzuoli (che ha disposto per oggi il lutto cittadino), in attesa dell’arrivo dei nonni. I turisti sono stati allontanati e l’area chiusa al pubblico per i rilievi disposti dalla procura, la direzione sarà sentita per rispondere delle misure per prevenire incidenti nel sito, che è un vulcano attivo. «Bisognerà fare chiarezza sull’intera vicenda – scrive il consigliere regionale dei Verdi, Francesco Borrelli – perché, pur considerando l’imprevedibilità dei bambini, c’è da capire se ci fossero adeguate misure di sicurezza. Com’è possibile che un bambino sia potuto arrivare facilmente in una zona talmente pericolosa da provocare la sua morte e quella dei suoi genitori?».
La Solfatara è uno dei circa quaranta vulcani dei Campi Flegrei. L’area è costantemente monitorata perché le condizioni cambiano in base all’andamento dei fenomeni vulcanici e ambientali: il percorso calpestabile si snoda su un crostone superficiale tenuto sotto controllo, i confini della zona accessibile variano in base ai rilievi. Nell’area interdetta il terreno è saturo d’acqua e fluidi ad alta temperatura, assimilabile quindi a sabbie mobili. «In attesa di una dettagliata ricostruzione dell’accaduto – spiega il geologo Franco Ortolani – testimonio che ogni volta che ho visitato il fondo del cratere avevo un certo timore per il fenomeno naturale sotto ai miei piedi e per i percorsi consentiti. Nelle aree interdette mai mi è venuto in mente di metterci piede, ben sapendo con cosa si avesse a che fare e infatti in alcune zone c’è una rete che blocca il passaggio in modo deciso». E sulla sicurezza: «Si tratta di un fenomeno vivente, i pali in legno delle staccionate vengono sostituiti perché il calore li brucia. Ci vuole un’interdizione efficace delle aree pericolose: se si vuole guadagnare bisogna essere attenti alla sicurezza, anche dei bambini più piccoli».
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