Politica

Le crepe nella pax renziana

Le crepe nella pax renzianaMatteo Renzi

CATTOLICI Solamente Crozza avverte un solco tra la pastorale di Francesco e il discorso del premier sulla società?

Pubblicato quasi 10 anni faEdizione del 4 febbraio 2015

Quello della Democrazia cristiana è uno spettro che aleggia da tempo nella nostra politica. È tornata la Dc! si diceva nei giorni dell’insediamento del governo Monti, a pochi mesi dal convegno cattolico di Todi. Il Pd è diventato una nuova Dc! Hanno sostenuto autorevoli interpreti della politica di fronte al progetto del «partito della Nazione» di degasperiana memoria. Con l’ascesa al Colle di Sergio Mattarella sembrano non esserci più dubbi sul revival dello scudo crociato e la «questione cattolica» si impone oggi con tutte le sue incognite.

No, non siamo tornati alla Dc, ma il cattolicesimo democratico, dato per morto con la débâcle dei prodiani, è più vivo che mai. Espressione o forse sarebbe meglio dire eredi di questa corrente non sono genericamente i dirigenti che provengono dal blocco Dc/Ppi e neppure i «cattolici del Pd», un insieme molto eterogeneo che spazia dalla sinistra del partito alla diverse correnti moderate. Lo è senza dubbio l’uomo della settimana, quel Mattarella che i popolari li ha fondati dopo aver militato nella sinistra Dc di De Mita e prima ancora nell’Azione cattolica degli anni del Concilio Vaticano II. Quest’ultima, del resto, ha funzionato come una palestra del potere politico democristiano lungo tutta la storia d’Italia. Il cattolicesimo democratico per come lo conosciamo prende le mosse da lì: dalla svolta di Giovanni XXIII e dall’idea del «Tevere più largo», dalla dismissione dell’apparato ideologico anticomunista e da un progetto di laicità (cristianamente ispirata) che in Italia ha faticato e fatica ancora ad affermarsi.

Alla scuola di Vittorio Bachelet Mattarella si era formato come credente e da dirigente politico sui testi di Sturzo e Maritain. Negli anni in cui era delegato studenti della Gioventù cattolica del Lazio il suo assistente ecclesiastico era Filippo Gentiloni, poi esponente dei Cristiani per il socialismo e firma del manifesto. La carriera politica inizierà solo nel 1982 in reazione all’assassinio del fratello avvenuto due anni prima e alla drammatica situazione siciliana. Piersanti era stato allievo di Moro e da lui Sergio riprenderà l’apertura mentale e l’attitudine all’incontro con le forze popolari della sinistra. Nel 1985, per esempio, è promotore a Palermo della giunta Orlando con il sostegno del Pci. Nella seconda metà del decennio – il periodo dei ministeri targati Mattarella e dal 1990 della vicesegreteria della Dc di Forlani – partecipa alla crisi della sinistra democristiana fino allo scioglimento della «balena bianca». È importante ricordare che proprio dalla diaspora dei cattolici verso sinistra e da esperienze come la Lega democratica e l’Assemblea degli esterni prenderà vita il progetto dell’Ulivo. Mattarella è stato un esponente di primo piano di quella stagione come capogruppo dei popolari, ministro del governo D’Alema e poi come deputato della Margherita e fondatore del Pd.

Ora che – grazie all’abile manovra di Renzi, già compagno di partito negli anni margheritiani – ha assunto l’incarico più prestigioso nella Repubblica sembra che anche la sua area di provenienza abbia ritrovato un equilibrio. Il suo partito, in primo luogo, lacerato dallo scontro tra il segretario e la minoranza, ma anche il mondo cattolico democratico, ringalluzzito da una scelta che ricompatta i renziani e i cattolici che avevano sostenuto Bersani. Dopo che il governo Monti aveva solleticato le speranze dei centristi e, soprattutto, dopo il trauma della defenestrazione di Letta, oggi è come se regnasse una nuova armonia nel Pd, una pax renziana che ricongiunge culture politiche e generazioni. Rimane il dubbio che, al di là delle correnti e delle famiglie politiche di provenienza (sempre meno significative per la nuova classe che lo dirige), le fratture nel cattolicesimo siano più profonde. Sono davvero tutti convinti che le politiche sul lavoro di Renzi si sposino con i principi del cattolicesimo sociale, per esempio quello della società dei corpi intermedi? In che modo le riforme istituzionali e la legge elettorale che accentrano il potere nelle mani dell’esecutivo si inseriscono nella tradizione democratica di matrice cristiana? E, infine, solamente Crozza avverte un solco tra la pastorale di Francesco e il discorso del premier sulla società?

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