Le creature vulnerabili e la forza della letteratura
NARRATIVA A proposito di due romanzi di Barbara Buoso, Due romanzi: «L’ordine innaturale degli elementi» (Baldini e Castoldi); «E venni al mondo» (Apogeo)
NARRATIVA A proposito di due romanzi di Barbara Buoso, Due romanzi: «L’ordine innaturale degli elementi» (Baldini e Castoldi); «E venni al mondo» (Apogeo)
Caterina è nata la notte di San Lorenzo del 1972 e con Barbara Buoso, scrittrice che vive e lavora a Padova, condivide l’età esatta insieme a qualcosa d’altro. C’è una meraviglia intima e carica di presagi funesti nelle pagine percorse da Caterina, al centro del romanzo L’ordine innaturale degli elementi (appena riedito per Baldini e Castoldi per cui era uscito 4 anni fa, pp. 151, euro 14.90). Dolente e complessa, la storia raccontataci da Buoso è quella di una ragazza dalla vicenda terrestre difficile e per niente scontata, cominciando dalla indesiderabilità con cui ha salutato l’essere nata femmina in un contesto patriarcale di una casa colonica tra l’Adige e il Po negli anni Settanta. Seppure tra preghiere per scongiurare la sciagura di un altro essere umano non maschio, nella comunità in cui la protagonista capita all’esistenza, ci sono tutti i prodromi di una liberazione.
DISOBBEDIRE diventa l’altra faccia di una ingiustizia inaccettabile, insieme alla caparbietà di domandare amore senza neppure conoscerne la parola; come quando si impasta la bocca e per evitare di balbettare si preferisce tacere, allo stesso modo Caterina aspetta l’inutilità che la terra si plachi di acqua ogni giorno affinché non si sollevi troppa polvere. È un deserto dove i padri, se lo ritengono, rapinano con leggerezza l’infanzia delle figlie che ancora non sanno la risorsa di essere dello stesso sesso della propria madre. Il sovvertimento riecheggiato nel titolo del romanzo di Barbara Buoso è tuttavia la scoperta di una libertà, faticosa, scomoda ma al contempo laboriosa interrogazione di un reale – opaco e coriaceo – da mutare o fare in pezzi perché ingeneroso. All’incuria Caterina si ribella con ogni forza a disposizione, imparando che la superstizione popolare e contadina ha del buono se ricondotta tra le pieghe di una corrispondenza con se stesse.
È un immaginario infantile pesante ma stupefacente, percorso dalla scrittrice con la maestria di dirimere angosce e sfinimento fino ad arrivare a una minuta rivoluzione del sé. E se è vero che all’impeto della tempesta, quando sta per arrivare, non si può opporre niente di umano, è altrettanto certa la possibilità di costruire qualcosa di nuovo accanto alle macerie di una sopravvissuta. Questo nocciolo inedito, profumo di erba appena tagliata, barbabietole rosse e noci in tripudio nel creato, è in effetti un’esperienza sensoriale trasformativa.
L’ORDINE degli elementi, stabilito dalla cecità a cui si è sovente sottoposte, acquista allora la forza, tattile e plastica, della parola letteraria. Insegna che il dolore è simile a un atleta in allenamento quotidiano e che, averlo come confidente, significa che un giorno non lontano gli si potrà chiedere un poco di indulgenza. Un minimo di tregua, forse. Diventa esso stesso un personaggio, meglio non ignorarne i contorni.
Sempre sul tema della necessità e di come a essa ci si possa rivoltare diventando sovrane anarchiche della propria sorte, Barbara Buoso dedica anche il suo ultimo libro, E venni al mondo (Apogeo, pp. 141, euro 15) in cui emerge il filo che lega le esistenze precarie e imperfette delle protagoniste e dei protagonisti di entrambi i suoi lavori. Le creature vulnerabili sono ovunque, ci ammonisce l’autrice, e insegnano che solo vivendo l’attesa della fragilità si può scoprire quella altrui. Insieme alla propria. È una veglia sentimentale, e politica.
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