Giudice del tribunale di Roma, nota per coraggiose sentenze in materia di diritti civili, Silvia Albano è stata eletta domenica nella giunta dell’Anm. Esponente di Md, insieme al neopresidente Poniz, Marcello Basilico e Giovanni Tedesco forma la delegazione di Area nel nuovo esecutivo del sindacato delle toghe.

Dottoressa Albano, la corrente di destra Magistratura indipendente (Mi) è finita all’opposizione nell’Anm e sta perdendo, causa dimissioni, i suoi eletti al Csm. Alle ultime elezioni Mi vinse nonostante si sapesse che Cosimo Ferri era il suo leader de facto. Evidentemente a molti suoi colleghi la cosa non dispiaceva…

Guardi, Mi ha sempre negato che Ferri dirigesse dall’esterno la corrente e credo che nessuno, nemmeno fra i suoi elettori, immaginasse le cose emerse dalle intercettazioni. Ciò che viene fuori dalle carte di Perugia è l’esistenza di un comitato d’affari che va al di là delle due correnti coinvolte, Mi e Unicost. La ragione per cui Mi è fuori dalla giunta dell’Anm sta nel deliberato della loro assemblea dell’8 giugno, cioè la mancata richiesta di dimissioni dei consiglieri implicati nello scandalo. Unicost, invece, ha subito preso le distanze anche dai suoi esponenti, pur trattandosi di personaggi di spicco come Palamara. Ora noi dobbiamo evitare di buttare via il bambino con l’acqua sporca, dobbiamo difendere le correnti come espressioni del pluralismo culturale interno alla magistratura.

Perché allora Poniz e l’ex presidente Albamonte, anche lui di Md-Area, affermano che alle suppletive per sostituire i dimissionari le correnti dovranno fare un passo indietro? Non è una contraddizione?

Capisco l’obiezione. Il problema sta nel sistema elettorale maggioritario, voluto da Berlusconi, con cui eleggiamo i membri del Csm: è quello che favorisce le degenerazioni, perché di fatto gli apparati delle correnti nominano gli eletti. Noi di Area siamo gli unici a fare le primarie proprio per evitarlo e sosteniamo il ritorno al sistema proporzionale con preferenze, per rappresentare il pluralismo, garantire le minoranze, e restituire agli elettori potere di scelta. Alla luce di ciò, alle suppletive va dato un segnale che faccia capire che si vuole ridare ai colleghi la possibilità di scegliere: il che significa che per due posti ci dovranno essere molti candidati, e non solo uno per corrente. Le parole di Poniz non vanno interpretate come un “divieto” ai candidati che appartengono ai gruppi o alle correnti di avere propri candidati. Anzi: io auspico la presenza di colleghi che in questi anni si sono impegnati in maniera esemplare nell’Anm e nelle correnti, perché il loro patrimonio di idee è importante, è un fattore di democrazia.

Un’altra parola d’ordine di questi giorni è: sorteggio. Il prossimo Csm sarà eletto così?

Sono fermamente contraria al sorteggio, una cura peggiore del male. Gli eletti con quel sistema sarebbero totalmente irresponsabili, nel senso tecnico dell’espressione: non risponderebbero delle loro scelte agli elettori. Serve il contrario: chi nel Csm fa errori o adotta una linea non condivisa dal corpo della magistratura, deve poter essere sanzionato alle elezioni successive. I magistrati devono poter giudicare il lavoro dei colleghi del Csm. E vorrei aggiungere un’altra cosa.

Prego.

Il sorteggio non garantisce che vicende come queste non si ripetano. I consiglieri sorteggiati non potrebbero essere contattati da un Palamara, un Ferri o un Lotti per decidere in luoghi separati e oscuri le nomine? Ovviamente sì. Dobbiamo ribadire il valore dei gruppi associativi come luoghi democratici di confronto ed elaborazione trasparente. Le carte di Perugia ci parlano di una degenerazione che ha come protagonisti alcuni notabili, non le correnti in quanto tali. Certo, occorre che i gruppi si interroghino sui processi decisionali interni, sulla loro trasparenza e democraticità.

Qual è la linea dell’Anm sui magistrati in politica? Chi viene eletto in parlamento deve abbandonare la toga? Ci sono stati eccellenti giudici che hanno fatto i parlamentari e poi sono tornati in servizio, come Salvatore Senese, scomparso domenica, fondatore di Md…

Il problema c’è negli enti locali, dove manca una legge di incompatibilità. In teoria uno può fare il giudice e l’assessore, è inaccettabile. Per il parlamento il discorso è diverso, chiama in causa la legge elettorale: finché avremo un parlamento di nominati, si crea un legame organico fra eletti e partito. Se si tornasse anche per le camere a un sistema proporzionale con preferenze non ci sarebbero problemi legati all’immagine di terzietà, in passato i magistrati potevano candidarsi da indipendenti. Finché le cose resteranno così, la posizione dell’Anm è chiara: si può rientrare nell’ordine giudiziario dopo il parlamento, ma si devono assumere funzioni amministrative.