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Le comunità montane attaccano il Mim: «Niente nidi nei piccoli comuni»

Le comunità montane attaccano il Mim: «Niente nidi nei piccoli comuni»

Scuola Il bando di Valditara per sopperire al taglio netto del Pnrr sugli asili. In Italia solo 28 posti ogni cento bambini. L’Europa ne prevede almeno 45

Pubblicato 3 mesi faEdizione del 21 agosto 2024

«Niente asili nido nei piccoli comuni». A viale Trastevere devono essere sobbalzati nel leggere l’attacco circostanziato dell’Unione delle Comunità Montane (Uncem) su un punto che il governo ritiene qualificante per la sua immagine come la natalità. E così nel primo pomeriggio di un martedì di fine agosto il ministero dell’Istruzione (e merito) manda una nota per smentire ogni parola del presidente Uncem, Marco Bussone. Bussone aveva denunciato l’esclusione dal bando del Mim sugli asili nido dei piccoli comuni a causa di «parametri fuori scala». La conferma sarebbe arrivata dallo stesso ministro Valditara che, durante un question time alla Camera aveva, secondo l’Uncem, «ribadito un punto politico grave».

L’associazione contesta i criteri del bando del ministero per l’assegnazione dei contributi: «Sono assurdi – scrive in una nota – parametrati sulla popolazione residente nella fascia d’età 0-2 anni di almeno 60 bambini e sulla copertura del servizio di asilo nido nella stessa fascia d’età inferiore al 33 per cento». Per l’Uncem, invece, occorreva «mettere in condizione i piccoli Comuni di montagna di creare le condizioni affinché le giovani famiglie possano continuare a vivere nel proprio territorio senza doversi trasferire». E lamenta di aver chiesto al ministro un tavolo per riorganizzare la scuola nelle aree rurali e montane «ma neanche ci ha risposto». Dopo la nota stampa pubblica, ecco che arriva immediata la risposta di Valditara: «Tante inesattezze». Il titolare di viale Trastevere specifica che per i piccoli comuni «è stata prevista addirittura una riserva di risorse pari al 10 per cento del finanziamento complessivo e, quindi, di oltre 73 milioni di euro». «L’avviso pubblico – continua la nota del ministro – ha consentito a tutti i comuni di presentare, anche da soli, un proprio progetto di asilo nido con autonoma candidatura e di concorrere al finanziamento». Ne nasce un botta e risposta e Bussone insiste: «È un bando improvvisato, sarebbe servito più dialogo».

Anche il Pd si accoda alla polemica aperta dalle ex comunità montane e annuncia la presentazione di un’altra interrogazione parlamentare a Valditara: «Gli asili nido debbono essere facilmente raggiungibili – spiegano i deputati dem -. In montagna le distanze fra i comuni sono di diversi chilometri, è necessario avere asili o micronidi vicini alla residenza. Il numero dei comuni da aggregare per il raggiungimento dei parametri richiesti dal decreto è tale da rendere difficile un servizio congiunto. Per la montagna e le aree interne non si possono utilizzare meri parametri statistici».

La querelle sui comuni montani è solo un aspetto del pasticcio sui fondi del Pnrr destinati agli asili nido. Il governo Meloni, che fa della natalità uno dei punti principali della sua propaganda, ha dovuto rivedere alla fine del 2023 la parte del piano che riguardava l’istruzione e nello specifico l’aumento deciso delle strutture per l’infanzia, dato che l’Italia è agli ultimi posti nelle classifiche europee con quello che ne consegue in termini di occupazione femminile e di diritti dell’infanzia. Ci sono, in media, solo 28 posti ogni cento bimbi tra zero e tre anni (16 al sud contro i 34 del centro nord, nella metà dei casi si tratta di strutture private).

Entro il 2030 bisognerà arrivare a 45 posti come da target europei. Il Pnrr prevedeva una spesa di 4,6 miliardi per 264 mila posti ma, dopo la revisione operata da Fitto e Giorgetti, la cifra è scesa a 3,2 miliardi per 150 mila posti a causa, si disse, «del rincaro delle materie prime dovuto all’inflazione». Per correre ai ripari qualche settimana fa il ministero dell’Istruzione ha promosso un bando, recuperando 735 milioni da altri fondi e altri capitoli di spesa, per realizzare altri 27 mila posti da distribuire su 1.882 comuni. Troppo pochi per ribaltare la situazione dei servizi per l’infanzia in Italia e il gap tra le regioni e per colmare il buco lasciato dal taglio del Pnrr. Anche i sindaci del sud sono in allarme. La prima presidente del Consiglio donna, nonostante gli slogan, ha sacrificato i nidi.

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