Le città del futuro tornano a correre sui binari del tram
Mobilità Già operativo alla fine del 1800, il mezzo elettrico non inquinante fu smantellato per fare posto alle automobili. In Italia è tornato nelle città negli ultimi 30 anni
Mobilità Già operativo alla fine del 1800, il mezzo elettrico non inquinante fu smantellato per fare posto alle automobili. In Italia è tornato nelle città negli ultimi 30 anni
Traam, nel dialetto basso sassone voleva dire «trave». L’ingegnere britannico Outram preferiva questo termine sassone, piuttosto che il corretto inglese bearn, per chiamare quel nuovo sistema di trasporto di sua invenzione. Era un piccolo omaggio al suo cognome (Outram). Da allora nella storia e in quasi tutto il mondo fu chiamato «tram». Eravamo alla fine del XIII secolo. A quell’epoca i tram erano vetture trainate da cavalli, poi da motori a vapore, che viaggiavano su binari. Solitamente le carrozze erano aperte d’estate o chiuse per l’inverno. Le prime vetture tranviarie avevano panconi lunghi o trasversali con un corridoio centrale. In seguito vennero installate biglietterie di bordo con uno spazio di accettazione all’entrata.
I PRIMI PROTOTIPI DI TRAM ELETTRICI nacquero alla fine dell’800, precisamente nel 1881 a Lichterfelde, a Berlino, e poi presero piede in tutta Europa e nel resto del mondo, prima di essere travolti dal traffico su gomma. La prima linea tramviaria elettrica in Italia, la Firenze-Fiesole, realizzata nel 1890, si estese capillarmente arrivando a sviluppare fino a 24 linee, tra urbane e suburbane nella sola Firenze. Nel 1958 furono totalmente dismesse. Scriveva Colin Ward: «Se per una svista dell’immaginazione il motore a combustione non fosse mai nato, (…) economicamente non ci sarebbero stati problemi a creare una vasta rete ferroviaria, che si sarebbe potuta ramificare così da collegare ogni centro abitato; al loro interno poi le comunicazioni locali sarebbero state garantite da un fitto sistema di tram» (Dopo l’automobile, Elèuthera, 1997, p. 20). Il trasporto su binari è 5 volte più efficace del trasporto su strada, non si capisce come abbia fatto un sistema di trasporto più energivoro e inefficiente (quello motorizzato) ad avere la meglio.
NEGLI ANNI TRENTA, NEGLI STATI UNITI, la General Motors, insieme alla Firestone e alla Standard Oil, comprarono tutte le compagnie di tram elettrici delle città, dismettendoli e sostituendoli con linee di bus della General Motors: questi bus, inquinanti, erano anche poco capillari ed efficienti. Nel 1949 la Corte Federale di Chicago riconobbe la GM, la Firestone e la Standard Oil colpevoli di cospirazione criminale e violazione delle leggi anti monopolio, obbligandole a pagare una multa (5000 dollari). Ma ormai l’obiettivo era stato raggiunto: eliminare i tram, spingere il Governo alla costruzione di strade, e ampliare il giro d’affari delle compagnie petrolifere.
ANCHE IN EUROPA A PARTIRE DAGLI ANNI Trenta del ’900 molte città tolsero i binari dalle strade, sostituendo i tram con autobus a benzina. In Francia, soltanto Lille, Marsiglia e Saint-Etienne restarono con pochi chilometri di tranvie sulle strade. A Roma Mussolini invocava fin dal 1925 che venisse eliminata «dalle monumentali strade di Roma la stolta contaminazione tranviaria». Con la riforma fascista del trasporto pubblico, nel 1930, il tram venne quasi completamente sostituito dagli autobus. La stampa esaltava questa vittoria del progresso, ma per gli utenti la situazione non migliorò. Anzi. I bus erano molto più piccoli, caratterizzati anche da una pessima aerazione (il fumo di scarico entrava dentro il veicolo) e andavano particolarmente lenti, non avendo corsie e binari protetti, soggetti inoltre alle buche e altri ostacoli.
NEGLI ANNI CINQUANTA, INVECE di investire per rinnovare i convogli, fu deciso di eliminare definitivamente il tram: una scelta strategica nazionale mirata a privilegiare il trasporto privato su quello pubblico. Con la graduale ma costante crescita della motorizzazione individuale, si doveva far spazio ai posti auto, alle doppie e triple corsie stradali, e così chilometri di binari furono divelti. Scelta tragica, contraria al bene comune, che ha comportato lo spreco immane di risorse e soldi pubblici.
A NAPOLI, IL COMPLESSO E ARTICOLATO sistema di 60 linee tramvie urbane e interurbane (nato nel 1876) fu gradualmente distrutto, nel 1953 restavano 16 linee urbane e 9 interurbane. Ad oggi rimangono sole 3 linee (solo una è in funzione). A Palermo il tram era già scomparso nel 1947. Nel 1963 vennero dismessi gli ultimi vagoni e divelti i binari anche a Bologna. A Genova la chiamarono «operazione Binario», come se i binari fossero nemici da sconfiggere; il 26 maggio 1966 quando l’ultimo tram venne tolto dalla strada. Gli anni ’50-’60 furono quelli del «disastro urbanistico», acclamato da destra e sinistra: oltre alla rimozione dei tram, le piazze venivano trasformate in parcheggi, demoliti i vecchi quartieri, costruiti viali per le auto dirette in centro. Ci si piegò al dominio delle auto.
I TRAM RIMASERO SOLO IN 4 CITTA’ (Torino, Roma, Napoli, Milano) pur ridotti al lumicino. Di fatto, il servizio pubblico diventò più scadente e in ritardo, con autobus inquinanti a rilento tra auto in coda o in sosta selvaggia. In Europa – Germania, Svizzera, Austria, Belgio, Olanda – il tram non fu mai abbandonato, mentre laddove era stato abbandonato venne reintrodotto.
Il vecchio tram, piccolo, rumoroso e sferragliante ha ormai ceduto il posto a vetture moderne articolate, lunghe dai 30 ai 54 metri, che si muovono silenziose su percorsi dedicati, priorità semaforica e veicoli a pianale ribassato, facilitando così anche l’accesso ai passeggini con bambini, persone anziane e disabili. Un mezzo di trasporto elettrico, non inquinante, fondamentale nella lotta contro il riscaldamento globale. In Italia la legge 211/1992 finanziava«l’installazione di tranvie veloci, a contenuto tecnologico innovativo», ed è grazie a questa legge che «risorgono» negli anni 2000 le tranvie di Firenze, Padova, Palermo, Messina e Venezia tra le altre.
UN «RISORGIMENTO» NON TROPPO semplice, però, in quanto nel Belpaese il tram si è scontrato con un uso dello spazio prevalentemente «auto-centrico» e con una densità di auto crescente (circa 800 auto per kmq). A Palermo, a causa di un’osservazione del Genio Civile nel 2001, che prescriveva di individuare obbligatoriamente delle aree di sosta per le auto nelle prossimità della linea tranviaria, venne bocciato uno dei progetti di tramvia, poiché non c’era spazio sufficiente per la sosta delle auto. In pratica, il tram non doveva dar fastidio alle auto, altrimenti non andava fatto.
NEL 2008 A FIRENZE FU INDETTO un referendum (per il quale non si raggiunse il quorum) contro i progetti di tramvia. Le motivazioni sottolineavano che, oltre a occupare spazio stradale, i tram avrebbero deturpato il paesaggio artistico (dimenticando che le auto, con il rumore, le emissioni e l’occupazione dello spazio, deturpano di più). A Firenze sono state attivate 2 linee sulle 4 in progetto. Anche Bologna, nel recente Pums, ha ripresentato il progetto del tram (4 linee). Un progetto approvato (e finanziato) già nel 1998, che nei decenni non riuscì mai a vedere la luce. Nel 1999 la giunta Guazzaloca si oppose, in quanto i «cordoli» delle tranvie erano colpevoli di sottrarre spazio alla sosta e di limitare la libera circolazione delle automobili.
CON IL RECENTISSIMO DECRETO «Semplificazioni» (e il connesso piano «Italia Veloce») si prevedono nuove infrastrutture ferroviarie e anche trasporto rapido di massa nelle grandi città (metro, bus, e tram). A questi progetti però si affianca (come sempre) una nuova colata di cemento, tra strade, autostrade, tangenziali e aeroporti.
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