Ua delle poche crisi aziendali risolte; la lotta più dura ancora in corso. Saga caffè e l’ormai ex Whirlpool di via Argine. L’appennino bolognese e uno dei quartieri più delicati di Napoli. Due delle vertenze più dure di questi ultimi anni raccontate in prima persona da chi li ha vissute. “La scalata dell’Everest in ciabatte, Saga Coffee, una lotta lunga 100 giorni” e “Via Argine 310, Whirlpool Napoli, storia di una lotta” di Loriana Lucciarini sono due libri molto particolari.

Il primo è il racconto dei 100 giorni di presidio fatto da quella gran persona che è Primo Sacchetti, il delegato Fiom di Bologna che ha seguito costantemente la vertenza Saga caffè. Lo stile è unico: raccoglie i 100 post su Facebook scritti giorno dopo giorno da quel maledetto 4 novembre 2021.

Il titolo è il proclama simbolo di quella lotta, pronunciato davanti ai lavoratori disperati alla notizia della chiusura dalla loro fabbrica, confermata da proprietà e Confindustria: «Dobbiamo attrezzarci a una scalata dell’Everest in ciabatte», capo d’abbigliamento condiviso con il suo «maestro» Alberto Monti, a sua volta fraterno amico dell’indimenticato Bruno Papignani. Fra misticismo e impresa eroica, quella bislacca definizione si dimostrò premonitrice dell’ottimismo della volontà dei 220 lavoratrici (in maggioranza) e lavoratori.

Il giorno dopo il blitz tentato dalla multinazionale Evoca di delocalizzare la produzione di fabbricazione di macchine industriali da caffè nella sua Bergamo, Sacchetti e le lavoratrici decidono che «avrebbero dovuto essere le istituzioni a muoversi verso la montagna». E non, come accade sempre nel caso delle migliaia di crisi aziendali irrisolte, viceversa: con i viaggi della speranza sotto il ministero a Roma. «Mi ero infatti convinto», spiega nel prologo al libro lo stesso Primo Sacchetti, «che solo salendo fin lassù, tra le montagne di Gaggio Montano, osservando direttamente quei lavoratori, quella comunità si sarebbe potuto comprendere il rischio che comportava la scelta di Evoca». E la processione a Gaggio Montano è stata continua: dal monsignor Zuppi a tutta la sinistra, riunita in appoggio al presidio.

Una lotta che ricorda altre battaglie a cui quei monti hanno assistito. «La Resistenza delle partigiane e dei partigiani dell’Appennino». «Perché una lotta che dura 100 giorni, in montagna, in pieno inverno, sotto la pioggia, la neve, al freddo, notte e giorno, che cos’è se non una lotta di Resistenza partigiana?», si chiede Sacchetti. Il protagonismo di lavoratrici e lavoratori è stato l’elemento decisivo della vertenza: «Coinvolgimento e trasparenza sono diventate le vere linee guida».

L’impegno concreto della Regione Emilia-Romagna e di Vincenzo Colla è stato decisivo per la soluzione della vertenza. Non certo il governo. Un impegno arrivato dopo l’unica discesa del presidio Saga dai monti alla città: la sede della Regione a Bologna. «È stata una volta sola, ma non credo che potrò mai dimenticarla – scrive Sacchetti – siamo stati accolti dalle note di Bella Ciao, sparate a tutto volume dal furgone rosso della Cgil e intonate in coro dalla folla», conclude Sacchetti. La stessa emozione alla firma dell’accordo di reindustrializzazione degli imprenditori Alessandro Triulzi e Raffaello Melocchi con la riassunzione di 137 dipendenti per la Gaggio Tech impegnata a nell’economia circolare.

Dai 100 gironi di Gaggio ai 1.000 di Napoli, festeggiati il 24 febbraio 2022, il passo è breve. Seicento chilometri azzerati dalla stessa dignità.

Il libro, prodotto dalla Fiom (in prima fila nella vertenza con gli instancabili Rosario Rappa e Barbara Tibaldi), è un racconto a tante voci. Nel caso Whirlpool i vari governi succedutisi hanno fatto pochissimo per evitare la chiusura. Se il M5s ministro Patuanelli disse: «Non ho strumenti per fermare una multinazionale», il successore leghista Giorgetti il giorno del tavolo decisivo, in cui la multinazionale americana comunicò l’invio delle lettere di licenziamento, era in campagna elettorale a Varese (poi persa). La tenacia delle lavoratrici e dei lavoratori di via Argine ha portato alla creazione di un «consorzio» che, con tutte le sue criticità, è comunque un punto di partenza importante per la reindustrializzazione. Senza la mobilitazione a via Argine ci sarebbero venti operai precari, come previsto dalla proposta-bufala dei congelatori Prs.

La copertina del libro sulla lotta alla Whirlpool Napoli

Anche qui sono state le donne le protagoniste. Come Pina, operaia con un marito in fabbrica che racconta come «da quel giorno abbiamo iniziato a lottare». E il simbolo di quella lotta è stato da subito il motto: «Napoli non molla», cantato a squarciagola in tutte le piazze da sotto casa fino Roma con la statua di San Gennaro («Il santo non vuole») dalla propria parte.

O come Carmen, che quando arriva la prima proposta di buona uscita per dimettersi risponde: «Noi vogliamo salvare la nostra fabbrica».

Certo, a Napoli non si produrranno più lavatrici, come invece volevano lavoratori e la Fiom. Ma la lotta ha piegato multinazionale (che voleva chiudere due anni fa e incassare i soldi pubblici e della vendita del capannone) e istituzioni, che se ne sono lavati le mani, sicuri che il tempo avrebbe fatto dimenticare tutto.

Entrambi i libri dunque sono manuali di resistenza alle delocalizzazioni, seppur con esiti diversi. Esiti dovuti non alla determinazione dei lavoratori (uguale nei due casi) ma alla potenza delle rispettive multinazionali – piccola Evoca, enorme Whirlpool – e alla risposta delle istituzioni.