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Le Chiese ortodosse in guerra, a un passo dallo scisma

Le Chiese ortodosse in guerra, a un passo dallo scismaIl metropolita Onufry

Lo strappo La rottura con Mosca degli ortodossi di Ucraina guidati da Onufry. Il "ministro degli esteri" di Kirill per ora minimizza: «Difficoltà temporanee»

Pubblicato più di 2 anni faEdizione del 29 maggio 2022

Una nuova frattura, che potrebbe culminare in un vero e proprio scisma, si apre nella Chiesa ortodossa fedele a Mosca. Nella serata di venerdì il Consiglio della Chiesa ortodossa ucraina, che fa capo al metropolita Onufry, ha dichiarato la propria «piena indipendenza e autonomia», separandosi di fatto dal Patriarcato di Mosca, a cui era legata. La motivazione dell’allontanamento risiede nella decisione di patriarca di Mosca Kirill di sostenere senza tentennamenti l’aggressione e la guerra di Putin all’Ucraina.

«Non siamo d’accordo con la posizione del patriarca Kirill di Mosca e di tutte le Russie sulla guerra in Ucraina», si legge nella risoluzione del Consiglio, che «condanna la guerra come violazione del comandamento di Dio «Non uccidere» ed esprime le proprie condoglianze a tutti coloro che stanno soffrendo a causa della guerra». Kirill «non solo non è riuscito a condannare l’aggressione militare russa, ma non è nemmeno riuscito a trovare parole per il popolo ucraino sofferente», ha dichiarato il portavoce della Chiesa ucraina finora fedele a Mosca, l’arcivescovo Kliment.

Il Patriarcato di Mosca sembra in attesa, ma l’irritazione pare evidente. «Dal momento che la Chiesa ortodossa russa non ha ricevuto alcuna comunicazione dalla Chiesa ortodossa ucraina, non possiamo rispondere alle notizie di stampa», ha dichiarato il presidente del dipartimento sinodale, Volodymyr Legoyda. E ha aggiunto che a Mosca «preghiamo per la conservazione dell’unità, per una pace rapida e la fine dello spargimento di sangue». L’arcivescovo Ilarion, capo del Dipartimento delle relazioni esterne del Patriarcato di Mosca – il “ministro degli esteri” di Kirill – parla di «difficoltà temporanee», confidando in una «soluzione pan-ortodossa o inter-ortodossa che permetterà di guarire le ferite inferte al corpo dell’ortodossia mondiale e ripristinerà la piena comunione».

In realtà la situazione nelle Chiese ortodosse ucraine e russe orientali è piuttosto complicata, e la guerra non ha fatto altro che esacerbarle. A Kiev infatti – dove peraltro c’è anche la Chiesa greco-cattolica ucraina, di rito orientale ma in comunione con Roma – già esistono due Chiese ortodosse ucraine: quella guidata dal metropolita Onufry, fino all’altro ieri fedele al Patriarcato di Mosca; e quella guidata dal metropolita Epifanio che, soprattutto per le spinte dell’ex presidente filo-occidentale Poroshenko, si separò da Mosca e nel 2018 ottenne l’«autocefalia» (una sorta di indipendenza) da Bartolomeo, patriarca di Costantinopoli.

Da quando la Russia ha invaso l’Ucraina anche con il sostegno di Kirill – trasformatosi nel «chierichetto di Putin», secondo la definizione di Bergoglio resa al Corriere della sera -, l’insofferenza nella Chiesa ortodossa ucraina fedele a Mosca è aumentata, fino al punto che molti metropoliti, vescovi e preti hanno smesso di menzionare durante le celebrazioni il nome del patriarca Kirill. E venerdì si è consumato lo strappo, con la decisione di separarsi.

È un duro colpo per Mosca, che rischia di perdere almeno 12mila chiese in Ucraina, se la separazione dovesse trasformarsi in scisma, con la proclamazione dell’«autocefalia». È possibile anche una riunificazione con la Chiesa ortodossa ucraina di Epifanio – legata a Costantinopoli -, ma non è detto: nella dichiarazione di indipendenza da Mosca, Onufry ha criticato anche il proselitismo e il «sequestro» delle proprie chiese da parte di Epifanio. Insomma la guerra si combatte anche fra le Chiese.

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