Le case di riposo del Sud attaccate dall’epidemia
Emergenza Covid-19 A Nerola, alle porte di Roma, 60 residenti in isolamento. A Bari positivi ospiti e operatori
Emergenza Covid-19 A Nerola, alle porte di Roma, 60 residenti in isolamento. A Bari positivi ospiti e operatori
Trenta casi positivi al Covid-19 nella Residenza socioassistenziale per anziani di Bucine, in provincia di Arezzo: 22 ospiti e 8 operatori. Ancora altri 5 casi nella Rsa Leoncini di Pontedera, in provincia di Pisa. Il bollettino dei contagi nella case di riposo si aggrava di giorno in giorno mentre il virus si fa strada verso sud. Nel comune di Nerola, appena 2mila abitanti alle porte di Roma, 60 residenti di una casa di riposo sono finiti in isolamento, due ospiti trasferiti in ospedale, 30 operatori in quarantena. Alla Madonna del Rosario, a Civitavecchia, 46 gli anziani positivi.
PIÙ A SUD, a Sala Consilina nel salernitano, sono in isolamento da ieri in 50. Lucia Esposito, responsabile della casa di riposo Giuseppe Signoriello del comune di Napoli, 14 gli ospiti, racconta: «Per loro è difficile accettare di dover rimanere chiusi nella struttura, i primi giorni abbiamo dovuto sorvegliare il cancello. Non possono passeggiare nel quartiere, prendere un caffè al bar. Non vedono più gli operatori esterni con cui organizzavano spettacoli. L’Asl ha chiuso gli ambulatori, gli anziani con il diabete, ad esempio, dobbiamo monitorali noi con un medico di riferimento da chiamare».
Nel centro per anziani Don Guanella di Bari un uomo di 85 anni è morto, contagiati 7 anziani più il direttore e il medico della struttura. Inoltre, 50 dipendenti sono in isolamento e adesso non c’è il personale per gestire una platea che ha anche centenari e persone affette da Alzheimer. Tremano in Sardegna. A Sassari 24 casi positivi nella residenza Casa Serena: 7 ospiti e 17 dipendenti. Quattro morti a Sanluri: dopo i decessi non è stato fatto il tampone, ma il sindaco ieri ha chiuso la struttura, ospiti e operatori restano all’interno in quarantena.
GRAVISSIMA LA SITUAZIONE nelle regioni più colpite dall’epidemia. Il Garante delle persone detenute e private della libertà ha avviato con l’Istituto superiore di sanità una ricerca su 1.983 Rsa su tutto il territorio per «adottare strategie di rafforzamento dei programmi di prevenzione». Il virus sta mettendo in crisi l’assistenza poiché in molti centri il personale è decimato. Il Forum Terzo settore della Lombardia ieri ha scritto a regione e Anci: «L’insufficienza o la totale assenza di Dispositivi di protezione individuale ha già provocato il contagio e messo a rischio molti operatori. La distribuzione di Dpi avviene in modo insufficiente e disomogeneo».
METÀ DEI MORTI da Covid-19 ha almeno tre patologie. Il virus attacca, quindi, soprattutto gli anziani. Inoltre, non tutte le strutture sono state tempestive nel bloccare i contatti con l’esterno. La capogruppo Pd in commissione Affari sociali alla Camera, Elena Carnevali, accusa la Lega: «Si è dovuto ricorrere a una norma nazionale per chiudere i servizi semiresidenziali per anziani e disabili perché il governatore lombardo ha nicchiato per settimane».
IL VIRUS ha spazzato via gli ospiti della Rsa di Mombretto, frazione di Mediglia, nell’area metropolitana di Milano: 52 i deceduti. Nel bresciano 18 i morti nella Rsa di Quinzano. Il Pd meneghino ieri accusava: «Mentre la Città metropolitana consegna 10mila mascherine alle Residenze sociosanitarie per anziani, la regione Lombardia prosegue con la scellerata decisione di mettere pazienti sub-acuti e post ricovero per Covid-19 all’interno di queste strutture».
IN VENETO, a Padova, si teme per il centro anziani di Merlara: 10 su 73 ospiti sono deceduti, 6 ricoverati e i restanti tutti positivi così come la metà degli operatori. Il governatore Luca Zaia ha disposto lo screening a tappeto di 30mila persone tra operatori e assistiti delle case di riposo.
Fabio Rosso è amministratore di una coop che fornisce servizi alle Rsa in provincia di Cuneo: «Sono più di 15 giorni che le strutture sono chiuse agli ingressi esterni e questo ha aiutato a bloccare il virus. I Dpi ci sono perché il contagio da noi non è diffuso, se ci fosse una crisi non basterebbero. Inoltre, andremo incontro a una grave carenza di infermieri: già mancavano prima, adesso sono stati assorbiti dagli ospedali, da aprile sarà emergenza».
UECOOP dà il quadro del settore: «È allarme per oltre 300mila nonni ospitati in 7mila strutture da nord a sud. Quasi un anziano su 3 è ricoverato nelle zone epicentro del virus, fra Lombardia, Emilia Romagna e Veneto. Sette posti letto su 10 sono gestiti da privati. Si lavora in condizioni estreme anche per le difficoltà a recuperare mascherine e indumenti protettivi. Il focolaio in una casa di riposo può trasformarsi in un dramma».
Lo Spi Cgil si rivolge a governo e regioni: «Da troppe parti ci segnalano che il personale non ha dispositivi di protezione. Grave anche la solitudine degli anziani, che non hanno più contatti con le famiglie. Chiediamo risorse per dotare le strutture di strumenti con cui comunicare con l’esterno».
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