Visioni

Le buone intenzioni dei placidi Black Keys

Le buone intenzioni dei placidi Black KeysThe Black Keys

Note sparse Il deludente ritorno del duo dell'Ohio con «Let's rock», dove si sente l'assenza del deus ex machina Danger Mouse

Pubblicato più di 5 anni faEdizione del 3 luglio 2019

Il titolo prometteva bene: Let’s Rock. Un invito, quello dei The Black Keys, scarno, quasi primitivo, all’essenza stessa di un genere musicale oramai quasi senza una vera, solida identità contemporanea. Primo disco, dal 2006, senza il sodale Danger Mouse alla produzione, Let’s Rock sembrava dunque offrire i suoni graffianti e le melodie spogliate dei loro esordi, un ritorno alle origini pensando soprattutto a chi, come chi scrive, da qualche tempo stenta a riconoscere il duo dell’Ohio. Il garage rock di dischi come The Big Come up o Thickfreakness, infatti, sembrava ormai definitivamente abbandonato, in favore di un horror vacui che solo il consenso massivo è riuscito a colmare, dunque la cauta speranza, suggerita da un titolo-manifesto di intenzioni, ci sembrava legittima, ma fin dal primo, lynchiano singolo Fire Walk With Me, ecco il sospetto della definitiva gentrificazione del rock.

IL DESIDERIO di un graffio alla Stooges o alla MC5 era indubbiamente legittimo quanto auspicabile, specialmente per loro, ma appare sempre più evidente una discesa, oramai irreversibile, verso un addomesticamento che suona quasi come un lascito quasi disinteressato. I Black Keys oggi guardano all’hard rock dei Mountain, ai riff degli ZZ Top e di altri simpatici dinosauri di un certo rock anni ’70, fin dalla prima traccia, Shine a Little Light, per approdare poi al boogie di Tell Me Lies e Get Yourself Togheter fino a brani, come Sit Around and Miss You, che sembra mescolare i Credeence al soft-pop radiofonico. Il duo dell’Ohio sembra dunque aver perso molto, a partire dalla solidità di un genio come Danger Mouse: le chitarre appaiono botoxate, così come le contro-voci soul femminili, mentre le campane e le orchestrazioni non depongono certo a favore di una, solo annunciata, freschezza ma sembrano invece accompagnare il funerale di un cadavere imbellettato.

PER NON PARLARE di alcuni testi che vorrebbero avvicinarsi a Shakespeare ma in realtà sembrano citazioni a casaccio di Nicholas Sparks o del Nuovo Testamento. Insomma, lontani i tempi mannari, anche di brani comunque mainstream come Howlin’ for You, e forse non è un caso che proprio poche ore fa, il canale Youtube della band abbia lanciato lo spot di Amazon Music dove l’obbediente Alexa lancia in streaming le lori canzoni mentre il batterista Patrick Carney se ne sta comodamente seduto sul divano di una villa lussuosa in stile Frank Lloyd Wright mentre dei poveri roadie fanno il soundcheck a distanza al posto suo.

ABBONAMENTI

Passa dalla parte del torto.

Sostieni l’informazione libera e senza padroni.
Leggi senza limiti il manifesto su sito e app in anteprima dalla mezzanotte. E tutti i servizi della membership sono inclusi.

I consigli di mema

Gli articoli dall'Archivio per approfondire questo argomento