Le Bollicine di Vasco, e la teoria del restauro
Note sparse Una riedizione restaurata dello storico album del rocker, curata da Maurizio Biancani
Note sparse Una riedizione restaurata dello storico album del rocker, curata da Maurizio Biancani
Più che un remaster, un restauro. Che, in quanto tale, parte dal riconoscimento dell’opera nella sua consistenza fisica, estetica e storica, e dalla necessità di una sua trasmissione futura. È il principio che ha guidato Maurizio Biancani nella riedizione di Bollicine, album del quale aveva curato la produzione assieme a Guido Elmi, e che in occasione dei suoi 40 anni torna in commercio dal 24 novembre per Carosello, su cd e vinile rimasterizzati a 24bit/192Khz. «Sono ripartito dal nastro analogico su cui avevo missato allora nei vecchi studi Fonoprint di via de’ Coltelli, conservando le frequenze esistenti e recuperando quelle che erano state “castrate” per i limiti fisici del vinile, che sotto i 35-40 Hz non poteva andare. Il remastering ci fa sentire ciò che era stato fatto nell’83 ma che non era mai stato possibile ascoltare: è come ripulire una tela con le tecnologie migliorative di cui disponiamo oggi: non è vero che era sempre meglio come si faceva una volta!».
LA TEORIA DEL RESTAURO discografico di Biancani punta a preservare più che a rinnovare, aggirando la tentazione di dare al disco dell’83 una «sonorità da 2023». L’unica modifica è quella spaziale concessa dal Dolby Atmos: «Puoi costruire un suono a 360 gradi, spostando i cori attorno all’ascoltatore, le tastiere in quadrifonia, le chitarre avanti e dietro… Per Bollicine valeva la pena, perché è un disco pieno di suoni». E i suoni sono quelli del 1983, quelli di un Vasco che trascende la formula del trio di Siamo solo noi affidandosi all’assortita compagine allestita da Elmi e Biancani: «Per dare differenti identità ai brani bisognava avere musicisti diversi. Pensa a Rudy Trevisi, primo clarinetto del teatro di Bologna diventato eccellente polistrumentista pop; oppure al basso slap di Davide Romani, un sound che non avevamo mai utilizzato prima. Ci sono strumenti elettronici, synth, batteria Simmons, ma tutti suonati da musicisti in carne e ossa».
C’è soprattutto, sotto i veli rimossi dal restauro, quello che Maurizio definisce «l’album più importante della mia vita», lo zenit creativo del primo Vasco Rossi, che adesso ritrova definizione e spazialità. «Ritornare su nastro è stata una possibilità incredibile», conclude Biancani, «e devo ringraziare la Carosello per averli conservati così bene. In quei nastri ho ritrovato invenzioni musicali e sonore veramente notevoli… lo so, non dovrei dirlo io!».
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