Cultura

Le avventure di George Smiley (e degli altri) al cinema

Le avventure di George Smiley (e degli altri) al cinemaClaire Bloom e Richard Burton in «La spia che venne dal freddo» di Martin Ritt, 1964

La scrittura diventa film Un rapporto con il grande schermo lungo decenni segnato da delusioni e euforie

Pubblicato quasi 4 anni faEdizione del 15 dicembre 2020

John le Carré non amava i romanzi di Ian Fleming che dal 1953 proponevano James Bond come patinato agente segreto, elegante sciupafemmine costantemente sopra le righe, destinato a sconquassi su grande schermo. Per questo già dal 1961, con il suo primo romanzo Chiamata per il morto, punta su George Smiley, una spia protagonista molto più vicina alla realpolitik della guerra fredda. Laddove James si comporta da eroico ammazzasette, George è invece uno che lavora prevalentemente in ufficio, ha una vita piuttosto squallida, senza momenti di entusiasmo, è sposato a una donna che lo tradisce più profondamente di qualsiasi spia e che addirittura lo scarica.

Sarà che lui è un ometto di mezza età, tarchiato e bassotto, un po’ calvo, senza alcun fascino apparente, solo dotato di grande acume, qualità che lo aiuta non poco per architettare e risolvere intrighi complicati. Sia Bond che Smiley arrivano al grande successo a meno di un anno di distanza. Seppure in ambiti diversi. James furoreggia al cinema con Agente 007 Licenza di uccidere, George è il protagonista di un romanzo epocale La spia che venne dal freddo.

INUTILE DIRE che anche Smiley approda rapidamente al grande schermo. Nel 1964 Martin Ritt dirige magistralmente La spia che venne dal freddo, con Richard Burton protagonista, candidato all’Oscar come miglior attore, seppure non nei panni dello stesso Smiley, il cui ruolo secondario nel film è interpretato da Rupert Davies, bensì in quelli di un agente segreto britannico chiamato al doppio gioco nei confronti degli agenti del blocco sovietico. Incetta di Bafta, gli Oscar britannici.

Le Carré viene chiamato per riscrivere qualche dialogo e non è contento di quell’esperienza, ma alla fine apprezza il risultato. E allora ecco quasi subito, 1966, Chiamata per il morto diretto da Sidney Lumet, questa volta il protagonista è James Mason che dovrebbe interpretare Smiley, ma la Paramount detiene i diritti del personaggio che viene così rinominato Charles Dobbs. Per il resto, la trama segue abbastanza fedelmente quella del romanzo da cui è tratto.

A SEGUIRE, IL MENO RIUSCITO Lo specchio delle spie con regia di Frank Pierson e Smiley sembra allontanarsi dagli schermi. Per un decennio il rapporto di Le Carré con il cinema non sembra più così promettente. Prima lavora con Sydney Pollack per l’adattamento di Una piccola città in Germania. Ma il progetto salta. Poi è la volta di Karel Reisz con cui lavora duramente per sei mesi cercando di adattare Un ingenuo e sentimentale amante. Altro progetto caduto.

LE CARRÉ ALLORA si dedica alla scrittura di diversi romanzi, ma Smiley è pronto a tornare in grande spolvero, questa volta in tv, con la serie televisiva tratta da La talpa (1979), regia di John Irvin seguita da Tutti gli uomini di Smiley (1982) regia di Simon Langton, entrambe interpretate da sir Alec Guinness nei panni del protagonista, voluto dallo scrittore che ne diventa anche amico. Ci sarà anche un film, per la tv, A murder of Quality, diretto da Gavin Millar nel 1991 con Denholm Elliott come Smiley.

La tamburina, diretto da George Roy Hill (1984) con Diane Keaton protagonista è ricordato più che altro per il cameo dello stesso Le Carré nella parte del comandante. E dopo la miniserie tv La spia perfetta (1987) ecco affacciarsi per la prima volta la nemesi. Fred Schepisi nel 1980 dirige La casa Russia che ha per protagonista nientemeno che Sean Connery. Sì, proprio l’ex James Bond ora appare in un film tratto da un suo libro. Seconda nemesi con Il sarto di Panama (2001) di John Boorman, il protagonista è un altro Bond, Pierce Brosnan, all’epoca ancora titolare della licenza di uccidere. Del resto, il nome completo di John Le Carré era David John Moore Cornwell, di nuovo con quel Moore a rievocare quell’accidente di Bond.

AVVINCENTE e schierato con i tempi mutati è The Constant Gardener – La cospirazione, regia di Fernando Meirelles (2005) con Ralph Fiennes e Rachel Weisz (che si aggiudica un Oscar), in cui la Pfizer è accusata di sperimentare illegalmente medicinali sulla popolazione africana.

IN ANNI PIÙ RECENTI è toccato a Gary Oldman rinverdire i fasti di Smiley nel remake de La talpa, mentre La spia – A Most Wanted Man diretto da Anton Corbijn è stato ultimo film di Philip Seymour Hoffman.

Tra gli adattamenti più recenti, Il traditore tipo di Susanna White con Ewan McGregor e la ripresa come serie tv di La tamburina per la regia di Park Chan-wook.

ABBONAMENTI

Passa dalla parte del torto.

Sostieni l’informazione libera e senza padroni.
Leggi senza limiti il manifesto su sito e app in anteprima dalla mezzanotte. E tutti i servizi della membership sono inclusi.

I consigli di mema

Gli articoli dall'Archivio per approfondire questo argomento