Lavoro

Le Acciaierie verso la cig, Piombino nel dramma

Le Acciaierie verso la cig, Piombino nel drammaManifestazione contro la chiusura dell'altoforno – Biagianti

Crisi Trattative difficili per la vendita della ex Lucchini. Anche per la siderurgia il governo non ha politiche industriali

Pubblicato più di 10 anni faEdizione del 27 marzo 2014

Il volantino distribuito alle entrate delle Acciaierie non lascia spazio a equivoci: si va verso la cassa integrazione. Che non sarà breve per gli oltre duemila addetti diretti della ex Lucchini, e sarà tutta da conquistare per i lavoratori dell’indotto. Cala la tela sul secondo polo siderurgico italiano, abbandonato da governi che cambiano periodicamente leader ma continuano pervicacemente a non avere uno straccio di politica industriale. Lasciando che il “mercato” faccia il suo corso, con le rotaie ferroviarie che saranno prodotte in Germania, e le laminazioni spartite fra i soci di Federacciai, gruppo Marcegaglia in testa.

“Non sfugge a nessuno che si entra in una fase delicata – avverte Enrico Rossi – in cui potrebbero manifestarsi anche seri problemi di tenuta sociale. Governo, istituzioni e forze sociali sono chiamati a fare la loro parte, firmando il più velocemente possibile il previsto accordo di programma per la riconversione ecologica del polo siderurgico”. L’unica via d’uscita, secondo il presidente toscano, per offrire alle Acciaierie un futuro produttivo. Seppur in tempi non brevi, visto che nella migliore delle ipotesi – cioè con robusti investimenti per un innovativo impianto Corex al posto dell’altoforno – ci vorranno almeno tre anni di lavori. In metà tempo, certo, sarà possibile costruire un forno elettrico. Ma per farlo andare avanti basteranno al massimo 500 operai. Meno del 25% degli attuali addetti delle Acciaierie.

Intanto a Piombino e in Val di Cornia si cerca di mettere a fuoco il nuovo scenario, dopo le notizie piovute, negli ultimi giorni, come una grandinata. Per le Acciaierie restano in corsa, come ha spiegato il viceministro Claudio De Vincenti ai sindacati, gli ucraini di Steelmont e i due fratelli indiani Naveen e Sajjan Jindal, a capo di due distinte società ereditate dal padre, fondatore della Jindal Steel and Power. Sia Steelmont che Naveen Jindal guardano ai soli laminatoi. Mentre la Jsw (Jindal south west) di Sajjan Jindal, che è il maggior produttore indiano di acciaio (4 mld di fatturato), potrebbe investire anche sul forno elettrico e sul Corex, già utilizzato in due suoi stabilimenti.

Al di là delle ipotesi, il commissario straordinario Piero Nardi ha annunciato a Fiom, Fim e Uilm che la ‘due diligence’ scadrà a fine aprile, ma le offerte vincolanti potranno arrivare a fine maggio. Questa finestra temporale potrebbe rimettere in corsa gli arabi di Smc, unici a chiedere un altoforno funzionante durante i lavori di ristrutturazione delle Acciaierie. De Vincenti considera poco probabile l’arrivo di un’offerta, però il gruppo che fa capo a Khaled al Habahbeh assicura che dopo il 4 aprile, data fissata per la promessa ricapitalizzazione da due miliardi della società, arriveranno a garanzia 500 milioni di dollari alla filiale romana dell’Ubae (Unione della banche arabe ed europee). Per certo il commissario Nardi ha spiegato che le 35mila tonnellate di minerale in arrivo per alimentare l’altoforno – fino a inizio maggio – saranno le ultime. Mentre è fissato per il 3 aprile il summit interministeriale (Sviluppo economico e Lavoro) con i sindacati. Per parlare di ammortizzatori sociali.

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