A quasi sette anni dalla denuncia, il Tribunale di Ancona, sezione Lavoro, ha condannato la Regione Marche al pagamento di quasi 57mila euro a sette ex dipendenti della Europa srl, una ditta operante nella catena degli appalti del Consorzio Arcale. Gli operai, impegnati nella realizzazione delle Sae di Pieve Torina, in provincia di Macerata, avevano denunciato il mancato pagamento delle spettanze. «Venivano fatti lavorare sette giorni su sette, dieci ore al giorno e senza riposi, in una condizione di totale sfruttamento», commenta Daniele Principi, segretario generale Cgil Macerata. I fatti fanno riferimento al 2017, al periodo che va tra agosto a dicembre: i lavoratori si rivolgono al sindacato, che si attiva subito all’inizio del 2018 e chiede l’intervento come responsabile in solido della Regione Marche, che chiede l’accertamento delle somme dovute da parte dell’ispettorato territoriale del lavoro dopo essersi inizialmente mostrata disponibile al pagamento. «Un accertamento molto complesso», sottolinea Principi, che si conclude nel 2021 con il riconoscimento delle somme ai lavoratori.

«Nel frattempo – prosegue – la Regione Marche e Consorzio Arcale sottoscrivono all’insaputa di tutti, e tanto meno dei lavoratori, un accordo di transazione nel quale Arcale si impegna a manlevare la Regione degli obblighi verso i lavoratori». E nonostante l’accertamento in mano, con Regione Marche che risponde che il caso non è più di loro competenza, e con Arcale non più disponibile a pagare, Fillea Cgil fa causa ad entrambe. «Dopo sei anni e mezzo questi lavoratori ottengono giustizia», afferma Principi. Tuttavia la vicenda, a pochi giorni dalla tragedia nel cantiere del supermercato Esselunga di Firenze, dove hanno perso la vita cinque persone, ha degli aspetti indicativi «dello stato del lavoro nel nostro paese, innanzitutto riguardanti le condizioni con cui vengono reclutati e fatti lavorare i lavoratori nell’edilizia», aggiunge il segretario.

Secondo Principi questa è una storia che può essere la storia di tanti altri operai nella quale le condizioni lavorative non sono adeguate, come probabilmente verrà accertato anche nel caso di Firenze. Ma segna anche un altro aspetto: «L’istituzione, che dovrebbe essere vicina alle sensibilità dei lavoratori, in questo caso, dopo una prima disponibilità, ha preferito accordarsi con l’azienda appaltante piuttosto che onorare gli impegni presi con i lavoratori». E che, alla fine, ha preferito «fare un’inutile causa proprio sa quest’ultimi pur di pur di non riconoscere quanto di loro diritto». Questo non è però stato l’unico caso gestito dalla Fillea Cgil: son ben 138 i lavoratori che dovevano ricevere delle spettanze assistiti negli anni dal sindacato. «Ci scontriamo quotidianamente con questo tipo di situazioni. Con questi ultimi 57mila euro, abbiamo fatto recuperare 650mila euro di spettanze che non erano state liquidate ai lavoratori a vario titolo». A margine della manifestazione indetta mercoledì da Cgil e Uil a Firenze, Principi ricorda ancora come siano necessarie delle norme per limitare i subappalti: «Sappiamo che il subappalto, a cascata, è semplicemente un modo per abbassare il costo del lavoro».

E come si abbassa il costo del lavoro? «La prima cosa è la sicurezza. La nostra battaglia nei cantieri della ricostruzione è partita da un infortunio non denunciato: da lì abbiamo scoperchiato un sistema di reclutamento di gestione dei lavoratori nei cantieri assolutamente fuori dalla normativa», conclude il segretario. Di chi sono questi morti?